Il rapimento delle 200 studentesse in Nigeria da parte di Boko Haram è strettamente legato alla sete di energia del mondo occidentale
In questi giorni la stampa
internazionale ha puntato molto l'attenzione sul gruppo affiliato ad
Al Qaeda, Boko Haram, per via del
rapimento delle 200 studentesse nigeriane rapite per convertirle
all'islamismo e per la strage di almeno 300 civili massacrati nella
cittadina di Gamboru Ngala. Molte le voci note che chiedono la loro
liberazione da Michelle Obama a Malala e Stati
Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno già messo a disposizione le
loro migliori forze di intelligence per strappare le ragazze dalle
mani dei loro rapitori, un episodio che ha toccato la sensibilità di
molti, ma spesso, come in questo caso, le vere ragioni della
instabilità politica della Nigeria vengono nascoste o quanto
meno taciute dalla stampa. Vediamo di fare un po' di chiarezza.
Cambiamento climatico e disastri ambientali
Uno studio del 2009 del Dipartimento
Inglese per lo Sviluppo Internazionale (Dfid) aveva già evidenziato
che il cambiamento climatico avrebbe potuto provocare
instabilità in Nigeria a causa della scarsità del terreno
coltivabile dovuto alla desertificazione, alla carenza di acqua e al
fallimento dell'agricoltura nelle aree montagnose di quello Stato.
Questa previsione è stata confermata da un più recente studiodell'Istituto USA per la Pace, finanziato dal Congresso
americano, che evidenziava un collegamento tra la recrudescenza della
violenza e il cambiamento climatico della regione, ecco la
conclusione della ricerca: “Risposte insufficienti ai
cambiamenti climatici creano penuria di risorse quali terre
coltivabili ed acqua. Questi impoverimenti sono seguiti da impatti
secondari negativi, più malattie, fame, disoccupazione. Risposte
inadeguate a queste problematiche aprono le porte al conflitto”
. Il Professor Sabo Bako dell'Università Ahmadu Bello conferma
ulteriormente questa analisi. Secondo il suo parere il movimento Boko
Haram sarebbe nato da una setta chiamata Maitatsine, nel nord
della Nigeria, i cui membri erano principalmente le vittime abbandonate a se stesse dei disastri ambientali causati dai
cambiamenti climatici.
Crisi energetica e petrolifera
Ad aggravare la situazione di
instabilità in Nigeria si è aggiunta la crisi energetica
in quanto negli ultimi mesi si è registrato un forte abbattimento dei sussidi statali contro il caro benzina che ha provocato un
aumento generale della fame e dei disordini nelle città. Uno studio
del 2011 di due ricercatori nigeriani metteva in guardia contro
l'imminente declino delle riserve petrolifere del Paese. La Shell,
nel marzo dell'anno in corso, ha parlato di una riduzione nella
produzione di petrolio greggio tra il 15 e il 20% e, sempre nello
stesso mese, il Ministero delle Risorse Petrolifere chiese più
investimenti nell'esplorazione di nuovi giacimenti: “Le riserve
di greggio stanno esaurendosi, la nostra produzione sta anch'essa
diminuendo.... Abbiamo bisogno di fare di più a tal proposito per
avere più riserve. Abbiamo raggiunto il plateau della
produzione nel delta del Niger e stiamo già calando.”
“La maggior parte dei soldati
semplici di Boko Haram non
sono fanatici religiosi; sono poveri ragazzi che sono stati fatti
ribellare contro loro patria corrotta da un leader carismatico”
è quanto affermato da David Francis, uno dei primi reporter
occidentali ad occuparsi di Boko Haram. In un quadro
così complicato per Al Qaeda non è stato difficile
trovare terreno fertile per il reclutamento di nuovi miliziani, il
70% circa della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al
giorno e Boko Haram si è rivelato un perfetto trait d'union tra le
cellule maghrebine e quelle nigeriane.
Il ruolo ambiguo della politica occidentale
Ma qui arriviamo al punto più
interessante di tutta la faccenda: la rapida espansione di Al
Qaeda nell'area nord-est dell'Africa, ovvero il movimento Boko
Haram,è stata
appoggiata e favorita dall'intelligence algerina sotto la tacitaapprovazione di USA, Francia e Regno Unito. Il motivo di questa
contraddizione della politica occidentale? Semplice: la
solita, inestinguibile sete di energia che in questo caso si chiama
shale gas ovvero il gas di scisto, ottenuto tramite il
controverso metodo del fracking di cui, secondo il
Dipartimento dell'Energia americano, la Nigeria deterrebbe la
terza riserva mondiale. Se a tutto questo aggiungiamo la crisi
ucraina e la decisione della Russia di chiudere i
rubinetti del gas per l'esportazione il quadro diventa chiaro e si
capisce come l'America ed altri stati occidentali se da una parte
condanno il terrorismo di Al Qaeda dall'altra hanno
l'interesse a sostenerlo. Secondo Jeremy Keenan, uno dei maggiori
esperti sull'Algeria alla Scuola di Studi Orientali e Africani,
l'espansione di AQIM (Al Qaeda in Islamic Maghreb) si è
concentrata il regioni ricche di riserve di combustibile come
Algeria, Delta del Niger, Nigeria e Ciad,
regioni dove Boko Haram ha dichiarato di avere ricevuto
il proprio addestramento terrorista. Sempre Keenan riferisce come più
di dieci anni fa questi Paesi firmarono un trattato di cooperazione
per il contenimento del terrorismo che ha efficacemente unito i due
lati ricchi di petrolio del Sahara con un sistema di sicurezza
generale la cui architettura è prettamente americana: “Il
trattato si evolse in un'iniziativa trans-sahariana di contenimento
del terrorismo, che fu poi assorbita dal comando africano
dell'esercito USA ( AFRICOM)”. Ma continua dicendo che
l'avidità di gas e petrolio dell'Occidente ha condotto i vari
governi a chiudere un occhio sul ruolo che Stati ricchi dei preziosi
minerali avevano nella promozione del terrorismo regionale. Lo scopo?
Legittimare gli sforzi per consolidare un accesso armato dei governi
alle risorse energetiche africane. In altre parole: favorire il
terrorismo locale per legittimare l'intervento armato e dominare così
i territori di interesse. Se questa analisi è corretta ecco che
allora le 200 ragazze rapite in Nigeria da Boko Haram
non sono solo vittime del fanatismo islamista, ma anche delle
politiche estere, economiche e di sicurezza legate alla nostra
incontenibile dipendenza dalle fonti energetiche
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