Lo scorso 4 febbraio Jurgen Habermas, noto filosofo tedesco, ha lanciato una dura accusa alla politica tedesca, ma in Italia è passata sotto silenzio.
Il 4 febbraio di quest'anno a Potsdam,
la Versailles tedesca come viene definita per il gran numero di
parchi e palazzi utilizzati come residenze dai re di Prussia, si è
tenuto il congresso del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). In
quella occasione Jurgen Habermas, considerato il più grande
filosofo tedesco erede della scuola di Francoforte, ha lanciato alla
Germania una dura accusa dichiarando che l'attuale politica messa in
atto dal governo della cancelliera Merkel è la continuazione
di quello precedente e che non fa nulla per l'Europa di quello che
aveva promesso. “La crisi è stata causata dagli sviluppi nel
debito privato e non, come sostenuto, pubblico”.
“Non è nel nostro interesse
nazionale -ha affermato Habrmans- ricadere nella
posizione di egemonia che ha aperto la strada a due conflitti
mondiali ed è stata superata solo nell'unificazione europea”.
Ed ha aggiunto che: “La crisi in molti paesi è stata creata dal
mercato, dagli sviluppi nel debito privato e non, come sostenuto,
dalle politiche di bilancio dei rispettivi governi”. Ovviamente
le esternazioni di Habermans in Italia sono passate quasi
sotto silenzio perché metterebbero in seria crisi il progetto
neo-liberista della politica renziana mascherato sotto le spoglie di
un “socialismo” dai forti tratti populisti. Gli unici giornali
che hanno dato spazio alle parole del filosofo tedesco sono stati il
Corriere della Sera con un trafiletto e Tempi con una maggiore
copertura attraverso l'Irish Times.
Habermans è da sempre un
sostenitore di una maggiore integrazione europea e con il suo
intervento al Congresso di Potsdam ha chiesto alla sinistra
tedesca di “ri-democratizzare l'Europa” non lasciandosi
trascinare dalla volontà di potenza che ha già portato l'Europa
stessa per ben due volte nel baratro dei conflitti mondiali.
Habermans ha puntato il dito sulle misure proposte dalla
Germania per risolvere la crisi del debito sovrano dei paesi
europei periferici. Sottolineando che la crisi è stata determinata
dagli sviluppi nel debito privato e non dal bilancio dei governi, il
filosofo afferma che la Germania ha usato una chiave di lettura
volutamente sbagliata allo scopo di aumentare il suo potere politico
ed economico. Così facendo ha costretto diversi paesi dell'Unione ad
approvare misure di salvataggio ad esclusivo beneficio della Germania
evitando di vedere quali conseguenze questa politica di austerità
avrebbe portato nella lunga distanza. Guardando al futuro, Habermans
ha criticato l'approccio tecnocratico alla crisi da parte della
Germania le cui manovre non hanno dato prova di effettiva
efficacia ma, al contrario, hanno favorito una certa antipatia nei
confronti dei tedeschi. “Il governo federale -afferma- ha
giocato una posizione egemonica in Europa e così ha creato una
situazione esplosiva”
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