“Entro in carcere a testa alta”: queste le parole pronunciate da Francantonio Genovese. Resta da capire di cosa sia orgoglioso
“Entro a testa alta in carcere perché ho fatto quello che dovevo fare,
nel rispetto
massimo delle istituzioni”. Queste le parole di FrancantonioGenovese dopo il si della Camera all'arresto del parlamentare
PD. C'è da ridere o da piangere? E già, perché Genovese
è finito in carcere per i reati di truffa e peculato in seguito ad
un'indagine disposta dalla procura di Messina nel 2013 riguardante
dei finanziamenti per la formazione professionale e nel 2014 il Gip
ha richiesto l'arresto del parlamentare per i suddetti reati
tributari, associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio,
peculato e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Strano modo per dimostrare il “rispetto massimo delle
istituzioni”
Sulla decisione di votare per l'arresto di Francantonio Genovese
e sulla successiva decisione alla
Camera (371 a favore, 39 contrari e 13 astenuti) non sono mancate le
polemiche. Da una parte Renzi il “twittatore” ci ha
gentilmente ricordato che “La legge è uguale per tutti”,
tanto per Genovese quanto per Berlusconi mentre il
deputato Alessio Villarosa del Movimento 5 Stelle ha persino
dichiarato in aula che si volesse strumentalizzare la memoria di
Falcone e Borsellino scatenando la bagarre in aula quando dai banchi
del PD si alzano le urla “Vergognati buffone”. Non c'è
che dire, altro bell'esempio della politica italiana.
Ma tralasciando alla cronaca dei
telegiornali gli aspetti prettamente folcloristici delle reazioni
politiche torniamo a soffermarci su quelle due frasi chiave della
situazione:
“Entro a testa alta in carcere perché ho fatto quello che dovevo fare, nel rispetto massimo delle istituzioni”
e “La legge è uguale per tutti”.
La prima è stata riportata dal legale di Genovese, Antonino
Favazza, il quale ha poi aggiunto: “Un cittadino comune non
sarebbe stato arrestato. Genovese paga per
essere un deputato e per la campagna contro la politica. E' la
dimostrazioneche i correi nell'inchiesta sono ai domiciliari o
liberi. Se fosse stato un cittadino comune sarebbe stato arrestato?
La risposta è no, ed è la prova dell'esistenza del fumus
persecutionis”. Ora non sappiamo da quali certezze derivi
l'ardita affermazione di Favazza, ma, data la gravità dei capi di
accusa, del loro numero e soprattutto per il fatto che l'arrestato
era un noto esponente politico (lo chiamavano Mister 20milapreferenze per i voti presi nelle ultime primarie del PD)
sembra che le manette siano assolutamente appropriate
“La legge è uguale per tutti”
Oramai questa frase assume più che
altro l'aspetto di un proverbio se al deputato Genovese è
stato consentito, dopo essere giunto a Messina con un volo da Roma,
di essere scortato presso la propria abitazione dagli agenti della
Squadra Mobile per salutare i figli, rinchiuso in una cella singola,
nonostante il problema del sovraffollamento delle carceri e, stando a
quanto affermano i suoi legali, per lui saranno richiesti gli
arresti domiciliari, mentre il suo avversario politico, Silvio
Berlusconi, col quale ha in comune una fedina penale macchiata,
sconta appena qualche ora per i servizi sociali e passa tutto il
tempo in televisione a sostenere la sua campagna elettorale per Forza
Italia. In realtà sembra che
la legge, per certi personaggi politici, sia un po' più “uguale”
che per i cittadini comuni e il fatto che nel curriculum di molti di
essi ci siano sentenze, incriminazioni, collusioni o semplici
sospetti finirà col rendere una condanna non più una macchia sulla
propria onorabilità, ma un semplice fatto di “tendenza”: se il
condannato Berlusconi va in tv anche dopo avere truffato il fisco
perché dovrei sentirmi colpevole se non rilascio uno scontrino?
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