sabato 31 maggio 2014

Il conflitto in Ucraina chiamiamolo col suo nome: una maledetta guerra del gas

Gli interessi economici delle multinazionali americane in Ucraina sono sempre più evidenti, dietro i vari nazionalismi c'è una vera e propria guerra per il gas

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Quando si parla di Ucraina la prima cosa che viene in mente è il conflitto civile interno, quello che vede contrapposti i nazionalisti di Kiev e i separatisti filo-russi. Giornali e televisioni parlano di stragi di civili innocenti, di misteriosi gruppi neo-nazisti, di una nuova guerra fredda tra la Russia e gli Stati Uniti e le congetture, le analisi e le ipotesi di scenari futuri sono un'ottima occasione per distrarre l'attenzione da un aspetto che, anche se potrebbe apparire marginale, è sicuramente una delle principali concause del conflitto ucraino: le risorse del gas di scisto e di quello naturale di cui la regione, tra Lugansk, Slaviansk e Kramatorsk, è particolarmente ricca, zone in cui, guarda caso, la contrapposizione armata ha assunto un carattere più accanito.

giovedì 29 maggio 2014

Il disarmo nucleare degli USA? Una “bufala” di Obama, premio Nobel per la pace

Barack Obama parla al mondo di disarmo nucleare e intanto investe per la modernizzazione dei suoi arsenali

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Il 5 aprile del 2009, durante una visita a Praga, il presidente americano,Barack Obama, espresse queste parole importanti parole: “Quale unico Paese ad aver usato un'arma nucleare gli USA hanno la responsabilità morale di agire. Di fatto, l'America non ha solo la responsabilità morale, ma anche quella legale, di nazione che commise un crimine contro l'umanità uccidendo indiscriminatamente decine di migliaia di persone e causando malattie da radiazione a vita a molti sopravvissuti”, ma a quelle belle parole di cinque anni fa non c'è stato mai alcun riscontro, anzi, nel dettagliato programma fiscale per il 2015 elaborato a marzo di quest'anno, lo stesso presidente Obama ha chiesto un significativo aumento dei fondi per la ricerca nucleare proponendo un aumento del 7% del budget per le testate passando dai 7,7 miliardi di dollari del 2014 agli 8,3 per il 2015.

In effetti si tratta di un vero e proprio record nelle spese per gli armamenti nucleari, che supera persino il massimo stabilito nel 1985, nel pieno della guerra fredda , durante la corsa agli armamenti sotto il governo Reagan, per il 2019 infatti è prevista una cifra di ben 9,7 miliardi di dollari, il 24% in più del 2014. Il piano economico prevede la modernizzazione delle armi nucleari, tanto le testate quanto i vettori, prolungando la vita dei B61 (bombe nucleari all'idrogeno) di altri 20-30 anni. Al momento circa 200 di questi terribili ordigni sono dislocati in Europa. Ma la “bufala” di Obama non si ferma qui: non solo aumenta il budget per il rimodernamento del proprio arsenale atomico, ma riduce quello destinato allo smantellamento dello stesso passando da un già misero 54,2 milioni di dollari ad appena 30 e tagliando i fondi per il programma di non proliferazione del 21% ovvero 152 milioni di dollari.

E' evidente quindi, che gli Stati Uniti non solo non si stanno muovendo a favore del disarmo nucleare come platealmente affermato a Praga da Obama, ma che addirittura stiano spendendo cifre da capogiro per potenziarlo ulteriormente e la cosa assume caratteristiche ancora più grottesche se si pensa che lo stesso Obama è stato insignito del premio Nobel per la pace e nel frattempo minaccia con la potenza militare l'Iran e la Corea del Nord affinchè rinuncino ai loro programmi atomici. Perché meravigliarsi allora se le altre potenze nucleari come la Russia, la Cina, la Francia e l'Inghilterra si stanno muovendo verso la stessa direzione di rimodernamento dei propri arsenali nucleari?

La chiave di lettura per capire questa situazione apparentemente contraddittoria va cercata in una clausola del 2012 applicata dalla Cina quando sostituì il “No ad un attacco nucleare preventivo” con “L'uso di armi nucleari per difesa” ammettendo chiaramente che tale uso poteva essere legittimato come “possibilità” di un attacco preventivo. Nel corso della conferenza per la NonProliferazione e il Disarmo (NPDI) che si è tenuta a Hiroshima nell'aprile di quest'anno, alcune Organizzazioni Non Governative chiesero chiaramente agli Stati membri di rendere immediatamente e indistintamente illegali tutte le armi nucleari del pianeta, ma furono osteggiate da Paesi come l'Australia e il Giappone i quali dichiararono che il deterrente nucleare americano era di fondamentale importanza nella difesa dei propri territori contro le eventuali minacce da parte degli Stati nemici, in aperta violazione dellcapitolo 1, articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite che proibisce “La minaccia o l'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi stato”. Letto in altri termini si potrebbe quindi affermare che un deterrente nucleare implica un potenziale atto di terrorismo e di conseguenza le nazioni in possesso di tali armi possono essere considerate come potenziali nazioni terroriste.

lunedì 26 maggio 2014

Ormai è fatta, tiriamo i bilanci e rimbocchiamoci le maniche

Finita la lite elettorale proviamo a sintetizzare le ragioni dei contendenti e i motivi che hanno portato a vittorie e sconfitte

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Ormai è fatta! Siamo usciti dal turbolento clima di campagna elettorale e possiamo tirare i bilanci con più serenità, è il momento di guardare avanti e rimboccarci le maniche per il nostro futuro. Naturalmente sarebbe sciocco non soffermarsi sulle ragioni dei vincitori e degli sconfitti, sui motivi che hanno portato il trionfo per qualcuno e la delusione per qualcun'altro, ma è dall'analisi di queste ragioni che possiamo tentare di intraprendere un percorso concreto e, in sostanza, la chiave di lettura va ricercata nellinguaggio dei protagonisti dell'agone elettorale: Renzi,Grillo e Berlusconi.

Iniziamo da Grillo che sicuramente si è dimostrato il più aggressivo di tutti: un abbondante uso del turpiloquio, un ricorrente uso di diminutivi con sottolineature ironiche, frasi ad effetto come “Io non sonoHitler, sono oltre Hitler” gli hanno procurato un largo consenso iniziale soprattutto tra i giovani e le categorie più esasperate. Probabilmente avrebbe potuto ottenere di più se non si fosse fatto prendere la mano paventando processi popolari. In molti si saranno allarmati a quelle parole: se si fa un processo popolare a chi è destinato il compito di eseguire un'eventuale sentenza? L'associazione di idee con la ghigliottina era evidente e questo forse ha fatto fare un passo indietro a qualcheduno. Grillo ha si cavalcato l'onda del malcontento popolare, ma la sua veemente dialettica è stata anche la causa del suo “disarcionamento”.

Berlusconi, dal par suo, si è fatto prendere la mano dalle circostanze che lo hanno portato ai servizi sociali. Il peso di una condanna definitiva non ha certo giocato a suo favore in questa campagna elettorale, qualunque siano le ipotesi di complotto portate avanti e, sicuramente, la vicenda del suo ex braccio destro, Marcello Dell'Utri che deve scontare una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa ha aiutato a dare il colpo di grazia. Ma la cosa che probabilmente ha aiutato nella capitolazione di Forza Italia è stata l'accusa rivolta rivolta a Grillo quando ha affermato che fosse un assassino. Pur rimanendo nella sostanza un'affermazione vera, Berlusconi si è fatto trascinare nella dialettica del leader di M5S: in sostanza, quello che è sembrato agli occhi di molti, è stato il fatto che nella competizione elettorale due pregiudicati stavano contendendosi un posto come rappresentanti dei cittadini italiani.

Senza entrare nel merito del programma politico, visto che questo articolo vorrebbe essere solo un'analisi delle ragioni che hanno portato a una vittoria e a due sconfitte, l'atteggiamento sornione e pacato di Renzi ha fatto la differenza guadagnando al PD un successo quasi imprevedibile. Renzi ha saputo tenere alta l'attenzione sui motivi programmatici della sua politica, ha convinto gli italiani che si stava muovendo su un terreno di riforme e non di sola distruzione della vecchia politica (che poi riesca o meno sarà il tempo a dirlo) ed è riuscito così a raggiungere la fiducia di chi spera in un cambiamento effettivo delle cose, ma adesso, volenti o nolenti, i giochi sono fatti, non resta che fare tesoro delle esperienze ed andare avanti  

domenica 25 maggio 2014

Quando la politica si fa con la testa: naso rotto e corsa all'ospedale

Esponente dei Comunisti Italiani rompe il setto nasale di un ex consigliere Sel con una testata: quando la politica si fa con la testa

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Se il buongiorno si vede dal mattino allora c'è di che stare poco allegri: questa mattina, all'interno di un seggio ancora in allestimento, Renato Marando, capolista alle comunali per i Comunisti Italiani, con una testata ben piazzata ha rotto il setto nasale del suo avversario, Marco Brandolini, consigliere uscente nonché candidato anch'esso alle elezioni comunali, appartenente al gruppo di Sel. Il fatto è avvenuto a Nichelino, un paese alle porte di Torino, all'interno della scuola Papa Giovanni dove gli operai erano ancora impegnati nell'allestimento dei seggi e il tutto davanti agli occhi di un poliziotto che non ha fatto in tempo a intervenire data la rapidità del gesto. Risultato? Brandolini è stato subito ricoverato presso l'ospedale Santa Croce di Moncalieri mentre Marando, qualora la prognosi dei medici fosse superiore ai 20 giorni, rischia la denuncia d'ufficio anche senza la querela della parte offesa.

Quando la politica si fa con la testa! L'episodio di questa mattina si inserisce in un quadro di vivaci polemiche che si erano già accese durante le primarie del centrosinistra e che hanno portato la coalizione a dividersi fino alla presentazione di tre candidati sindaci. Naturalmente le reazioni di Sinistra Ecologia e Libertà non si sono fatte attendere e immediatamente la segretaria di Sel, Nicoletta Cerrato, ha diffuso una nota in cui si legge: Sinistra Ecologia e Libertà esprime la massima vicinanza e solidarietà a Marco e chiede una ferma e netta codanna da parte di tutte le forze democratiche. Questi atti criminali non possono far parte di nessuna cultura che si possa definire democratica e di sinistra”

Mala tempora currunt e tutto questo alla vigilia dell'importante appuntamento con le elezioni europee, ma non c'è poi da meravigliarsi così tanto se la campagna elettorale a cui abbiamo assistito in questi giorni si è tinta delle affermazioni più clamorose: dai richiami ad Hitler alle accuse di omicidio colposo fino ad arrivare a paventare i processi popolari che tanto sanno di giustizia sommaria. La testata dell'esponente comunista è l'indicatore di come gli animi infiammati dalle incaute affermazioni di questi giorni si stiano dirigendo verso una pericolosa deriva, ora non siamo più in una condizione di confronto politico, ma di scontro aperto e qualunque sarà il risultato delle urne la situazione di contrapposizione resterà invariata: i vincitori cercheranno di far tacere con qualsiasi mezzo le opposizioni e gli sconfitti accuseranno gli avversari di brogli, manipolazioni e complotti.

Sarebbe stupido affermare che la politica si fa col cuore, l'Italia ha dato la dimostrazione di non avere uomini all'altezza per farlo, ma di sicuro non è questa la maniera di farla con la testa. Ora la domanda è: se coloro che ci dovrebbero rappresentare, non solo nelle circoscrizioni comunali, come in questo caso, ma all'interno dell'Europa, si comportano in maniera così violenta, se usano un linguaggio non solo scurrile (in parlamento abbiamo sdoganato il termine “pompino”), ma al limite della querela per istigazione alla violenza, cosa potrebbe fare un popolo esacerbato e fuori controllo? E i nostri giovani che esempio possono prendere da certi leader noti più per l'atteggiamento aggressivo che per i contenuti programmatici? Chiunque vinca a queste elezioni noi siamo già sconfitti nella democrazia, nella civiltà e nella tolleranza

sabato 24 maggio 2014

L'insidia del tasto “Sono un elettore” e così Facebook ci fa scoprire chi sono i buoni e i cattivi

Domani, in occasione delle elezioni europee, sul nostro profilo Facebook troveremo tutti il tasto “Sono un elettore”. Che senso ha dirlo?

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Domani (domenica 25 maggio) tutti gli utenti di Facebook troveranno sui propri profili un tasto speciale dedicato alle elezioni europee, il pulsante “Sono un elettore”. Lo scopo, secondo gli ideatori dell'iniziativa, sarebbe solo quello di comunicare ai propri amici o a tutti coloro che visiteranno la nostra pagina di “comunicare di aver compiuto il proprio dovere civico”. Ce n'era bisogno? E evidente che chiunque voglia comunicare alle proprie cerchie di conoscenze la personale adesione all'iniziativa elettorale è libero di farlo in qualsiasi momento, è libero persino di esprimere le proprie preferenze e addirittura sul social network sono sorti dei gruppi ad hoc per sostenere l'una o l'altra parte negli schieramenti politici in campo, perché dunque aggiungere questo tasto?

Apparentemente potrebbe anche sembrare una cosa simpatica se non addirittura lodevole: dimostrare a tutti quanto siamo bravi, ligi e rispettosi delle regole comuni, ma in realtà il pulsante “Sono un elettore” è qualcosa di molto più subdolo, un ulteriore strumento di controllosociale, vediamo perché partendo da un concetto di “non affermazione”: non cliccare il nuovo tasto di Facebook significa ammettere implicitamente il fatto di aderire a quella vasta fascia di astenuti o indifferenti che non dichiarano di essersi recati ai seggi e questo al di fuori della loro volontà, un po' come il discutibile principio del “silenzio-assenso”; il concetto di agnosticismo, la libertà di essere semplicemente indifferenti o di non volersi fare coinvolgere è completamente ignorata e come tale annullata.

Ma d'altra parte Facebook haposto maggiore attenzione alla sicurezza dei dati dell'utente ricordandogli con un pop-up di assicurarsi su chi è autorizzato a vedere i propri post (amici, pubblico o personalizzato) aspetto al quale spesso molti non prestano eccessiva attenzione. Va ricordato infatti che molti recruiter o addetti alla selezione del personale usano i social network per avere maggiori informazionesul candidato, quello che si posta su Facebook, su Twitter o su altri social network, se non filtrato adeguatamente dall'utente, diventa una incancellabile prova dei nostri orientamenti, dei nostri stati d'animo o semplicemente dei nostri gusti nel campo musicale, il tasto “Sono un elettore” è un altro strumento di giudizio messo a disposizione dalla grande “effe blu” e non sembra che l'utente ne sia l'effettivo beneficiario: non solo un tasto inutile, ma addirittura insidioso

venerdì 23 maggio 2014

L'Europa non fornisce più il ”three drug cocktail”? Tranquilli, c'è sempre la cara, vecchia, sedia elettrica

A poco meno di un mese dall'esecuzione di Clayton Lockett, quando il famigerato ”three drug cocktail” fallì il suo scopo, il Tennessee annuncia il ritorno alla sedia elettrica

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Il 29 aprile scorso in un carcere dell'Oklahoma è stato giustiziato Clayton Lockett per aver rapita, stuprata e sepolta viva una giovane donna, ma la sua esecuzione ha turbato le coscienze degli americani e ha fatto il giro del mondo: l'iniezione letale infatti non ha fatto effetto subito e l'uomo si è spento dopo lunghissimi minuti di agonia. Naturalmente anche il presidente Obama non ha potuto evitare di commentare il fatto e nelle sue dichiarazioni ha anche ammesso come alle volte la pena di morte, significativamente, possa essere legata a problemi di ordine razziale quando addirittura non sia stata eseguita su soggetti poi risultati innocenti.

Ci si aspettava quindi che l'opinione pubblica americana riaprisse il dibattito sulla controversa questione della pena capitale, ma la lezione di oggi è una vera e propria mazzata: nello Stato del Tennessee, viste le sempre maggiori difficoltà nel reperire il mix di sostanze per produrre le iniezioni letali, grazie al boicottaggio delle case farmaceutiche europee, il famigerato”three drug cocktail” (un sedativo, un paralizzante ed un farmaco letale) si è deciso di tornare al vecchio sistema della sedia elettrica mentre nel Wyoming è in esame un progetto di legge per la reintroduzione della fucilazione.

In Italia, per fortuna, il problema non esiste anche se, visti i toni sempre più aspri di questi giorni nell'ambito della campagna politica per le elezioni europee, vista la virata a destra della Francia di Marine Le Pen, e visti anche i ventisecessionisti e intolleranti di alcune zone del nord (non soccorrere gli emigranti in navigazione equivale a condannarli a morte e, se nel caso di Clayton Lockett si trattava di un brutale, criminale assassino, tra coloro che attraversano il mare nel tentativo di sfuggire alle guerre e alla fame ci sono molti bambini innocenti) non si può escludere nulla a priori. Resta però una sottile inquietudine nel pensare che, date le difficoltà oggettive nel procurarsi i farmaci adatti per confezionare il famigerato ”three drug cocktail”, i 32 Stati americani che ancora prevedono la pena di morte non esitino a far ricorso a sistemi ancora più barbari come la sedia elettrica e la fucilazione. Il lodevole impegno dell'Europa nel boicottare gli Stati Uniti in realtà ha rivelato il suo effetto boomerang: pur di uccidere un condannato a morte si può ricorrere a tutto. Terminate le cartucce o in caso di black out perché non darli in pasto ai leoni?

giovedì 22 maggio 2014

Renzi, Grillo o Berlusconi? Dalla padella, alla brace alla lava incandescente

Pochi giorni ci separano dall'apertura dei seggi per le elezioni europee, Renzi, Grillo e Berlusconi l'hanno fatta da padroni sui mass media

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E' mancato solo il contatto fisico e poi ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori. Renzi, Grillo e Berlusconi hanno dominato quasi incontrastati i più noti programmi televisivi e radiofonici, ci mancava solo che figurassero anche nei cartoni animati o alla Prova del Cuoco e avrebbero fatto cappotto, per Il Grande Fratello le selezioni erano già state fatte per cui nisba, ma di sicuro lo spettacolo non è mancato, Monty Python ne avrebbe fatto un film di sicuro successo. Insomma televisioni, piazze, talk show, twitter, tutto è servito per mettere in mostra, davanti all'Europa e al mondo intero, l'alto spessore civile, morale e culturale da coloro che vorrebbero rappresentarci.

Del nostro bambinone Renzi si è già ampiamente parlato come di un piazzista che continua a vantarsi della paghetta di 80 euro che ha promesso agli elettori, quel Matteo, figlio del discusso Tiziano i cui legami con la massoneria sono ben noti a tutti i fiorentini, quel Renzi che dice di non voler andare in Europa col cappello in mano e che per l'emozione non riesce ad abbottonarsi il cappotto normalmente in presenza della Merkel giunto al vertice del governo in maniera anomala, senza uno straccio di elezione. Ma dobbiamo rendergli atto che dei tre è il più sornione e che non cede alla tentazione del linguaggio “forte”, è un affabulatore, uno che se vuole sa essere simpatico.

Ma i veri protagonisti, quelli che più hanno ipnotizzato gli spettatori dei programmi politici sono stati Grillo e Berlusconi, due eccezionali esemplari di galli da combattimento allenati da una lunga esperienza sul campo. Il primo consumato showmen della satira italiana, amato e conosciuto dalle folle per le sue battute sarcastiche e pungenti; il secondo navigato imprenditore, politico per vocazione e perenne bersaglio del complotto giacobino della magistratura. Da due personaggi simili non ci si poteva aspettare altro che l'espressione massima dello spirito italiota ed ecco che hanno dato mano, senza risparmiarsi, al miglior arsenale del proprio repertorio: dalla vivisezione, proposta, poi ritrattata e poco dopo ritirata in ballo, ma destinata a Berlusconi, fino all'accusa, stavolta da parte dell'ex cavaliere, dove accusa Grillo di essere un assassino, lui, condannato in forma definitiva per evasione fiscale, lui che mentre faceva il presidente del consiglio dello Stato Italiano, sottraeva al controllo il denaro dei suoi stessi elettori.

Messa così la cosa potrebbe sembrare anche simpatica, per certi aspetti, la dimostrazione della creatività del nostro popolo, la nostra innata capacità di usare un linguaggio aggressivo e colorito al tempo stesso, creare il panico mediatico senza creare vittime tra i civili, per ora. Però non tutti sono d'accordo ad essere rappresentati in questo modo, alcuni preferiscono che davanti al mondo l'Italia sia rappresentata per altre qualità: la cultura, l'arte ed una creatività costruttiva; magari sono quel folto “partito” dei non votanti che pensano che tra Renzi, Grillo e Berlusconi sia come cadere dalla padella, alla brace alla lava incandescente, ma del resto, al peggio non c'è mai fine

mercoledì 21 maggio 2014

Tre toreri incornati a Madrid: sospesa la corrida, non accadeva dal 1975

La corrida di Las Ventas, a Madrid, è stata sospesa perché i tre toreri sono stati incornati, non accadeva dal 1975

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Si potrebbe dire “la rivincita dei tori”, ma non è così: ancora una volta l'arena di Las Ventas, a Madrid, si è macchiata di sangue, solo che questa volta, oltre a quello dei tori c'era anche quello dei tre toreri scesi in campo per il cruento spettacolo, tre per l'esattezza tutti finiti in infermeria con gravi lesioni per cui, alle otto di sera, dopo appena un'ora dall'inizio della corrida, gli altoparlanti hanno dato l'annuncio della fine anticipata. Erano 39 anni che ciò non accadeva, dal 1975. il primo a cadere sotto le corna del toro è stato David Mora che è stato incornato da Deslìo (così si chiamava l'animale) la prima volta, mentre l'attendeva in ginocchio, ad una spalla volando in alto come se fosse stato un fantoccio e la seconda volta ad una gamba riportando una ferita all'altezza dell'arteria femorale. A quel punto è intervenuto il secondo torero, Antonio Nazarè, che è riuscito ad uccidere la povera bestia, ma nel secondo incontro anche lui ha avuto la peggio quando il un altro toro lo ha colpito alla rotula destra rivolgendosi poi contro il terzo matador, Saùl Jiménez Fortes colpendolo al petto.

Fin qui la triste cronaca di una giornata maledetta, un fatto inconsueto, la rivincita dei tori sui toreri (peccato però che le povere bestie abbiano fatto lo stesso una brutta fine), ma la notizia ha rilievo proprio perché questa volta è stato l'uomo la vittima di quel tragico gioco che si fa passare come sport nazionale senza pensare che anche noi, in Italia, siamo autori di simili concezioni barbare della vita animale, basti pensare al Palio, quello di Siena è il più famoso, ma ce ne sono altri, meno noti che si disputano in varie città. Chi ha avuto modo di assistervi, anche in televisione, avrà avuto modo di vedere come arrivano ai canapi quei poveri cavalli: stressati, già sudati e probabilmente dopati per fare una migliore prestazione e quando hanno la disgrazia di cadere rovinosamente spezzandosi un garretto, passano direttamente dalla chiesa dova hanno ricevuto la benedizione al macello dove diventeranno bistecche, per non parlare di zoo, centri di detenzione spacciati come luoghi per la salvaguardia delle specie animali o circhi, dove si costringono le bestie a fare cose assolutamente innaturali per divertire un pubblico insensibile e di esempi se ne potrebbero fare tantissimi, da Marius, la giraffa giustiziata nella civilissimaDanimarca alla strage delle foche ai cani uccisi per diventare cibo ...o solo per divertimento. Un elenco infinito

Con tutta la solidarietà per quei tre toreri incornati nell'arena di Las Ventas a cui auguriamo una svelta guarigione il nostro pensiero, se vuole essere equo, si deve soffermare anche su tutti quegli animali, galline in batteria, topi da laboratorio, agnelli pasquali, delfini, tartarughe e vittime dell'altra attività che erroneamente viene chiamata sport, la caccia, uccisi o brutalmente maltrattati da una specie animale che si considera superiore per intelligenza: l'uomo

martedì 20 maggio 2014

Operazione BlackShades, intercettati 97 hacker in 19 Paesi, 13 in Italia

19 Paesi coinvolti in una maxi operazione che ha portato all'arresto di 97 hacker nell'ambito dell'operazione BlackShades, 13 in Italia

BlackShades
E' stata denominata Operazione BlackShades l'azione coordinata dall'Eurojust, l'organo dicooperazione giudiziaria dell'Unione Europea in collaborazione con Europol ed FBI che ha condotto all'arresto di 97 persone in tutto il mondo tra cui 13 in Italia denunciate a piede libero. L'azione ha portato a 359 perquisizioni ed al sequestro di armi, denaro contante, droghe di vario genere e circa un migliaio di supporti elettronici per il salvataggio dei dati sottratti dagli hacker. Gli Stati coinvolti nell'operazione BlackShades sono: Belgio, Olanda, Francia, Regno Unito, Svizzera, Cile, Canada, Stati Uniti e Italia nelle città di Roma, Milano, Venezia, Trento e Trieste, Vicenza, Bergamo, Bolzano, Gorizia, Frosinone, Latina, Napoli, Enna, Palermo e Catania.

L'indagine che ha condotto all'Operazione BlackShades, dal nome del programma utilizzato dagli hacker per infettare i computer e rubare i dati delle vittime, ha avuto inizio nel 2012. le accuse sono: accesso abusivo a sistema informatico, detenzione abusiva di codici di accesso, diffusione di programmi diretti a danneggiare i sistemi informatici e intercettazione abusiva di comunicazioni telematiche. Naturalmente tutti gli hacker coinvolti nella maxi retata erano degli abili esperti informatici. Tra le mani delle polizie internazionali sono finiti anche Alex Yucel, ritenuto il capo dell'organizzazione e Michael Hogue, uno dei creatori del software BlackShades.

Il programma pirata, BlackShades RAT (Remote Access Tools), conosciuto anche col nome di Creepware era in grado di prendere in controllo della video camera della vittima ignara ed avere accesso all'intero sistema operativo, dati e file compresi, una volta che gli hacker venivano in possesso di questi dati richiedevano un riscatto per poterli sbloccare. Entrare in possesso del tool per compiere queste azioni criminose era piuttosto facile per chi conosceva i canali giusti: veniva venduto in rete per soli 40 dollari. Tra le vittime illustri di BlackShades troviamo Cassidy Wolf, la miss Teen America a cui il californiano Jared James Abrahams sottrasse delle immagini private per poi ricattarla. Le indagini dell'Eurojust, dell'Europol e dell'FBI intanto continuano per scoprire se ci siano ancora altre copie del programma BlackShades e persone che ne fanno ancora uso

lunedì 19 maggio 2014

Bitcoin e terrorismo, il Dipartimento della Difesa americano sospetta un collegamento e attiva il CTTSO

Secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ci potrebbe essere un collegamento che lega i bitcoin alle minacce terroristiche, indaga il CTTSO

Bitcoin
Le nuove tecnologie digitali, le monete virtuali note come bitcoin, i social network e persino gli smarphone di uso comune, sono al centro dell'attenzione del Dipartimento della Difesa americano che ha avviato un programma di ricerca per verificare se e quanto queste possano essere messe in relazione con il terrorismo e la minaccia alla sicurezza interna. Il programma sarà gestito da un'apposita divisione del Pentagono il, CTTSO (Combating TerrorismTechnical Support Office) che ha il compito di valutare le potenzialità del terrorismo e della guerra non convenzionale, lo ha riportato l'International Business Times il quale riferisce anche che il CTTSO ha pubblicato un bando col quale ricerca esperti nel settore informatico che possano affiancare l'esercito nello studio delle tecnologie avanzate e all'uso che di esse si potrebbe fare per finalità di terrorismo. La notizia è confermata anche da Bitcoin Magazine all'interno del quale il CTTSO sollecitava l'invio di progetti per “Soluzioni innovative per sviluppare e/o rafforzare nuovi concetti e sistemi per comprendere il ruolo delle monete virtuali”.

L'introduzione della moneta virtuale -si legge ancora- potrà facilmente costituire una minaccia finanziaria, accrescendo la non trasparenza, la velocità delle transazioni e l'efficienza complessiva degli attacchi terroristici. Il problema fondamentale dei bitcoin infatti risiede nell'anonimato che diventa una preoccupazione prioritaria nell'applicazione delle leggi e dei controlli come si è visto per siti come Silk Road, una sorta di mercato nero digitale dove gli utenti, sotto la copertura dell'anonimato, potevano acquistare di tutto, dalle droghe alle armi a chissà cos'altro fosse vietato dalla legge. Il sito, dopo l'arresto dei suoi fondatori fu ritenuto chiuso, ma pare invece che sia ancora attivo. Gli arresti sono avvenuti nell'ottobre del 2013 con la cattura di Ross Ulbricht e a gennaio del 2014 l'FBI ha reso note le accuse a carico di RobertFaiella e Charlie Shrem per le operazioni di scambio effettuate con la Silk Road attraverso transazioni in bitcoin.

Dopo che a febbraio del 2014 un'importante agenzia di scambio in moneta elettronica aveva dichiarato fallimento a causa di un furto digitale di centinaia di migliaia di bitcoins e dopo che il Dipartimento del Tesoro americano aveva dichiarato che, sulla scorta delle indagini svolte non aveva rilevato prove concrete per dimostrare l'uso dei bitcoin nel finanziamento di attività di terrorismo il CTTSO ha deciso di fare luce sul cosiddetto software anonimo o dark web dove si annidano siti clandestini invisibili ai normali motori di ricerca. Nelle indagini della CTTSO rientrano anche il noto sistema operativo Android, e i social network come possibile veicolo per diffondere campagne di tipo terroristico

NOTA: alcuni dei siti riportati nei link potrebbero essere in inglese, per tradurli potete usare il traduttore del vostro browser

domenica 18 maggio 2014

Grillo fuori controllo, dopo aver evocato la vivisezione ora dichiara di andare oltre Hitler

Dudù, Hitler, Stalin e l'appoggio della Digos, Dia e Carabinieri: Grillo sembra aver perso ogni controllo

Ghigliottina
Dopo l'agghiacciante esternazione di venerdì scorso nel comizio di Pavia dove Grillo invocava la vivisezione per Dudù, il cane dell'avversario politico Silvio Berlusconi, ora il comico genovese alza il tiro e da piazza Castello, a Torino, sbraita altre frasi preoccupanti che fanno dubitare sulla sua sanità mentale. Grillo è fuori controllo. “Io non sono Hitler, sono oltre Hitler. Se non ci fosse il Movimento 5 Stelle ci sarebbero i nazisti. Il nostro populismo è la più alta espressione della politica” ha dichiarato alla folla che assisteva al suo ennesimo comizio show nella piazza torinese aggiungendo qualcosa di incomprensibile: “Ci dicono che siamo fascisti, i nazisti, i cattivi che faranno del male fisico alla gente. Invece dovrebbero ringraziarci perché grazie a noi in questo Paese non c'è stata violenza e non è nato il partito neofascista”. Ma che significa questa contraddizione in termini? Grillo è consapevole di quello che dice?

Il fatto che Grillo non sia Hitler è oltremodo evidente a meno che non si creda nella re-incarnazione sotto un aspetto fisico differente (Hitler aveva frangetta e baffetti e non capelli ricci e barba) quello che desta preoccupazioni è che si definisca “oltre Hitler” e in sostanza, anche con le epurazioni dei dissidenti all'interno del suo movimento, ha dato la dimostrazione che “o si pensa come vuole lui o fuori” atteggiamento molto poco democratico. Ma il delirio di Grillo prosegue con la seguente affermazione: “Alla Digos sono già con noi, alla Dia sono già con noi, i carabinieri sono con noi. Facciamo un appello: non date più la scorta a questa gente”. Tralasciando il fatto che pubbliche affermazioni circa lo schieramento politico di alcuni settori di apparati statali dovrebbero essere suffragati da prove concrete va sottolineato che il Sap, Sindacato Autonomo di Polizia, si è dissociato dichiarando: “Non siamo dalla parte di nessuno” e meno male, se no potremmo aspettarci un colpo di Stato da un momento all'altro ad opera di carabinieri, Digos e Dia capeggiato da un comico fuori controllo.

Un'altra chicca che Grillo ci regala dal palco di piazza Castello è la promessa di una nuova Norimberga nazional-popolare: “Quando il Movimento 5 Stelle sarà al governo ci sarà un processo pubblico, non violento, sulla rete, con tanto di Pubblico Ministero, e voteremo, caso per caso, quei giornalisti, quei politici e quegli imprenditori che hanno disintegrato queste tre categorie e prima che i politici vadano via faremo un'indagine fiscale su di loro per vedere come hanno speso i nostri soldi”. Anche ammettendo che in Italia politica, stampa e imprenditoria debbano rispondere di molte cose oscure, l'affermazione di Grillo suona più come una minaccia che come un'istanza di giustizia ed evoca alla mente scenari da ghigliottina e di giustizia sommaria fatta sull'onda del risentimento popolare.

Chi parla alle folle dovrebbe essere consapevole che le parole possono essere incendiarie e che fare leva sul malcontento può essere pericoloso e sfuggire al controllo. Usare paragoni così estremi come Hitler o Stalin (Grillo ha citato anche quello rispondendo ad una dichiarazione di Schulz che lo paragonava al dittatore sovietico) non aiuta di certo un processo democratico pacifico, parlare di vivisezione, dittatori e processi popolari accresce sicuramente l'audience e fa parlare i giornali, ma aiuterà l'Italia ad uscire dalla situazione in cui si trova, ma Grillo, in qualità di comico-politico lo sa: “There is only one thing in the world worse than being talked about, and is not being talked about” (Oscar Wilde nel ritratto di Dorian Gray)

sabato 17 maggio 2014

La FCC propone Internet a due velocità, il primo passo verso il feudalesimo del web

La Federal Communication Commission americana (FCC) propone Internet a due velocità, un duro colpo alla Net Neutrality

Internet-siamo-noi
La Federal Communication Commissionamericana (FCC) ha dato la sua prima approvazione al cosiddetto “Internet a due velocità” ossia chi paga di più può trasmettere dati più velocemente rispetto a chi usa la banda normale. In teoria questo non dovrebbe preoccupare l'utente finale della rete, ma riguarderebbe i siti che forniscono i dati, ma la teoria e la pratica, in questo caso, hanno un confine ambiguo e confuso. Secondo la FCC il fatto di far pagare per avere un servizio di trasmissione dei dati favorirebbe lo sviluppo di infrastrutture dedicate al web che nel tempo andrebbero a diventare beneficio di tutti, ma questo, in realtà, non sarebbe altro che un duro colpo alla Net Neutrality e getterebbe le basi per unfeudalesimo del web.

La decisione finale, comunque, la FCC l'ha demandata alla Casa Bianca e al Congresso, proponendo un dibattito pubblico di 120 giorni per conoscere le opinioni degli americani, ma già si delineano le prime contrapposizioni tra i giganti della rete: da una parte i fornitori di servizi di comunicazione come i motori di ricerca, Google, Yahoo e Bing tra i principali, insieme ai siti di social network, Facebook e Twitter, chiaramente a favore della Net Neutrality cioè una rete egualitaria dove tutti sono liberi di reperire risorse e comunicare in tempo reale, dall'altra i gestori dell'intrattenimento come Youtube o Time Warner per citarne alcuni, che nell'Internet a due velocità vedono la possibilità di fornire ai propri clienti un servizio migliore.

Se la proposta dell'FCC dovesse passare ci troveremmo a fare un passo indietro in quella che fino ad ora era considerata la democrazia digitale. E' evidente che quelli che ne potrebbero beneficiare sarebbero i siti già solidamente affermati in rete e che pertanto dispongono già di quelle enormi risorse economiche che gli permetterebbero di pagare il servizio in una concorrenza fatta a colpi di soldoni, ma è altrettanto evidente che tutte le nuove start-up e tutti i nuovi progetti che fino ad ora hanno reso Internet sempre più dinamico e strutturato, anche con la collaborazione di programmatori privati o quelli che lavorano ai progetti Open Source sarebbero non solo penalizzati, ma addirittura tagliati fuori, un vero e proprio feudalesimo che vedrebbe i grandi crescere sempre di più e i piccoli soccombere definitivamente.

Secondo la FCC il progetto “Internet a due velocità” non avrebbe ricadute economiche sull'utente finale, ma c'è da crederci? Gli esempi si possono ritrovare in tutti quei casi in cui il ricorso a grossi capitali genera monopolio: è chiaro che i soldi investiti per poter acquistare una banda più veloce di trasmissione dati da qualche parte devono pur rientrare quindi si può credere che, dopo un primo periodo “promozionale” le lobby di “Internet a due velocità si metterebbero d'accordo sul modo di far pagare il servizio al cliente finale: in sostanza il messaggio dell'FCC è: vuoi navigare velocemente nel web, scaricare i tuoi video, ascoltare musica o fare una ricerca scolastica in tempi umanamente accettabili? Allora paga, ma noi non ti imponiamo niente, se vuoi c'è l'Internet “normale” che è più lento. L'ipotesi di Internet a due velocità inoltre avrebbe gravi ripercussioni (o lauti guadagni, dipende dal punto di vista) nel campo dello studio e della ricerca: biblioteche, centri di documentazione, studiosi di tutti i campi che comunicano e confrontano tra di loro i propri risultati si troverebbero obbligati a sottostare a questo ricatto.

E' vero che Internet è anche il luogo dove si possono incontrare pedofili, adescatori, dove si possono vendere droghe o medicinali clandestini, su Internet si può imparare come costruire un ordigno o come scassinare una porta, ma questi sono i rischi che si corrono se si vuole vivere in una democrazia. FCC non toglierci anche questo spazio!

venerdì 16 maggio 2014

Genovese: “Entro in carcere a testa alta”, ma non ci poteva pensare prima?

“Entro in carcere a testa alta”: queste le parole pronunciate da Francantonio Genovese. Resta da capire di cosa sia orgoglioso

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Entro a testa alta in carcere perché ho fatto quello che dovevo fare

nel rispetto massimo delle istituzioni”. Queste le parole di FrancantonioGenovese dopo il si della Camera all'arresto del parlamentare PD. C'è da ridere o da piangere? E già, perché Genovese è finito in carcere per i reati di truffa e peculato in seguito ad un'indagine disposta dalla procura di Messina nel 2013 riguardante dei finanziamenti per la formazione professionale e nel 2014 il Gip ha richiesto l'arresto del parlamentare per i suddetti reati tributari, associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, peculato e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Strano modo per dimostrare il “rispetto massimo delle istituzioni”

Sulla decisione di votare per l'arresto di Francantonio Genovese 

e sulla successiva decisione alla Camera (371 a favore, 39 contrari e 13 astenuti) non sono mancate le polemiche. Da una parte Renzi il “twittatore” ci ha gentilmente ricordato che “La legge è uguale per tutti”, tanto per Genovese quanto per Berlusconi mentre il deputato Alessio Villarosa del Movimento 5 Stelle ha persino dichiarato in aula che si volesse strumentalizzare la memoria di Falcone e Borsellino scatenando la bagarre in aula quando dai banchi del PD si alzano le urla “Vergognati buffone”. Non c'è che dire, altro bell'esempio della politica italiana.
Ma tralasciando alla cronaca dei telegiornali gli aspetti prettamente folcloristici delle reazioni politiche torniamo a soffermarci su quelle due frasi chiave della situazione:

Entro a testa alta in carcere perché ho fatto quello che dovevo fare, nel rispetto massimo delle istituzioni”

e “La legge è uguale per tutti”. La prima è stata riportata dal legale di Genovese, Antonino Favazza, il quale ha poi aggiunto: “Un cittadino comune non sarebbe stato arrestato. Genovese paga per essere un deputato e per la campagna contro la politica. E' la dimostrazioneche i correi nell'inchiesta sono ai domiciliari o liberi. Se fosse stato un cittadino comune sarebbe stato arrestato? La risposta è no, ed è la prova dell'esistenza del fumus persecutionis”. Ora non sappiamo da quali certezze derivi l'ardita affermazione di Favazza, ma, data la gravità dei capi di accusa, del loro numero e soprattutto per il fatto che l'arrestato era un noto esponente politico (lo chiamavano Mister 20milapreferenze per i voti presi nelle ultime primarie del PD) sembra che le manette siano assolutamente appropriate

La legge è uguale per tutti”

Oramai questa frase assume più che altro l'aspetto di un proverbio se al deputato Genovese è stato consentito, dopo essere giunto a Messina con un volo da Roma, di essere scortato presso la propria abitazione dagli agenti della Squadra Mobile per salutare i figli, rinchiuso in una cella singola, nonostante il problema del sovraffollamento delle carceri e, stando a quanto affermano i suoi legali, per lui saranno richiesti gli arresti domiciliari, mentre il suo avversario politico, Silvio Berlusconi, col quale ha in comune una fedina penale macchiata, sconta appena qualche ora per i servizi sociali e passa tutto il tempo in televisione a sostenere la sua campagna elettorale per Forza Italia. In realtà sembra che la legge, per certi personaggi politici, sia un po' più “uguale” che per i cittadini comuni e il fatto che nel curriculum di molti di essi ci siano sentenze, incriminazioni, collusioni o semplici sospetti finirà col rendere una condanna non più una macchia sulla propria onorabilità, ma un semplice fatto di “tendenza”: se il condannato Berlusconi va in tv anche dopo avere truffato il fisco perché dovrei sentirmi colpevole se non rilascio uno scontrino?

giovedì 15 maggio 2014

Virus Mers, per l'OMS nessun allarme pandemia, ma massima attenzione per l'igiene

Finora si sono registrati circa 500 casi di Mers, ma per l'Organizzazione Mondiale della Sanità non si deve parlare di pandemia

OMS_logo

Mers: oltre 500 casi di contagio e 157 decessi

Finora i casi di infezione da virus Mers sono circa 500 distribuiti su 13 Paesi, 157 decessi nella sola Arabia Saudita, ma l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nega che si possa parlare di pandemia o di emergenza sanitaria globale. Preoccupa però il forte impatto letale di questo nuovo agente patogeno (30% di mortalità) e il fatto che ancora non esista nessun vaccino. La Mers, Sindrome Respiratoria Mediorientale da Coronavirus ha colpito finora in Egitto, Giordania Kuwait, Libano, Grecia, Malesia, Oman, Filippine, Qatar, Yemen Arabia Saudita ed ora anche negli Stati Uniti e Olanda

La Mers non si trasmette per contatto diretto tra persone

Il rapporto dell'OMS circa la trasmissibilità della Mers dichiara che al momento non esistono prove della trasmissione diretta da individuo a individuo, ma il contagio avviene tramite il contatto tra umani e dromedari o cammelli (forse anche pipistrelli) infatti i primi casi di questa malattia sono stati registrati appunto nel regno saudita ed i casi segnalati al di fuori dal Golfo Persico sono dovuti al fatto che i contraenti avevano viaggiato o soggiornato in quei luoghi. Tutti i Paesi coinvolti comunque sono stati invitati dall'OMS ad avviare e rafforzare le campagne di sensibilizzazione al problema puntando sull'igiene ambientale e personale come principale strategia per contenere il contagio. Nel frattempo l'Arabia Saudita, il Paese più colpito dalla Mers, ha deciso di inserire nei cammelli e nei dromedari dei microchip per tracciare la diffusione e lo sviluppo del virus. Particolare preoccupazione desta l'imminente mese del Ramadan (28 giugno) e il pellegrinaggio alla Mecca che vedranno partecipare migliaia di persone provenienti da tutto il mondo.

La situazione in Italia

E in Italia? Secondo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per ora non ci sono particolari preoccupazioni senza però abbassare il livello di guardia: "Abbiamo sempre un livello di guardia molto alto all'interno del nostro Paese ma, ovviamente, aspettiamo i risultati della riunione di oggi (ieri n.d.a.)durante la quale saranno valutati senza allarmismo gli elementi messi a disposizione dalla comunità scientifica". Il fatto che l'OMS abbia escluso il rischio di una pandemia però non rassicura gli esperti che si dicono preoccupati per il significativo aumento dei casi e per la “debolezza sistemica nella prevenzione e nel controllo delle infezioni” e alla “possibile esportazione dei casi, soprattutto nei Paesi più vulnerabili”. Il Comitato d'emergenza dell'OMS intanto ha chiesto alla stessa Organizzazione e agli Stati membri di “potenziare le politiche nazionali per la prevenzione e il controllo delle infezioni da Mers, una misura urgente per gli Stati colpiti dal virus; condurre studi per capire meglio l'epidemiologia con particolare attenzione ai fattori di rischio e valutare l'efficacia delle misure di controllo”. Gli esperti si riuniranno di nuovo a giugno per fare il punto sulla situazione.

mercoledì 14 maggio 2014

UE, la Corte di Giustizia obbliga Google a intervenire sul diritto alla privacy e a quello sull'informazione

Una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea dichiara Google responsabile dell'oblio dei dati sensibili obbligandolo a distinguere tra diritto alla privacy e diritto all'informazione

Motori_di_ricerca
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha stabilito che Google, così come gli altri motori di ricerca, si configura come vero e proprio responsabile nel trattamento dei dati personali contenuti nelle pagine che contribuisce a rendere fruibili in rete e che pertanto è tenuto a rispondere alle richieste di rimozione di certi link nel caso in cui un soggetto ritenga che il proprio diritto alla privacy debba prevalere sul diritto alla libera circolazione dell'informazione. Il caso nasce da una segnalazione di un cittadino spagnolo, Mario Costeja Gonzàles, il quale, facendo una ricerca su Google inserendo il proprio nome aveva scoperto di essere citato su due pagine del quotidiano “La Vanguardia” per un caso di pignoramento di immobili risalente a 16 anni prima. Ovviamente Gonzàles, non gradendo che il proprio nome fosse associato all'atto del pignoramento, fatto per altro accaduto in un tempo tanto remoto, si era rivolto all'AEPD, l'autorità spagnola che opera a tutela della privacy, affinché quelle due scomode pagine de La Vanguardia fossero rimosse dal motore di ricerca o quanto meno modificate.

Diritto alla privacy e diritto di informazione
La conclusione dell'autorità spagnola fu che Gonzales non poteva imporre al quotidiano la rimozione di quei dati in quanto considerati di pubblica utilità, ma aveva accolto il ricorso nei confronti di Google chiedendo di rendere irraggiungibile il nome del cittadino. La decisione dell'AEPD in sostanza, è intervenuta seguendo il principio che il nome di Gonzales, citato dal quotidiano, rientrava in un ambito di pubblica informazione (a livello ristretto potremmo aggiungere), ma che Google, insieme agli altri motori di ricerca "Effettuano un trattamento di dati per il quale sono responsabili e agiscono quali intermediari della società dell'informazione" . Google dal canto suo, si è sempre ritenuto come semplice intermediario che agisce da gatekeeper dell'informazione in maniera del tutto neutrale sostenendo che fosse compito degli editori valutare l'informazione pubblicata soppesando le ricadute che avrebbero avute sulla privacy dei cittadini.

Da qui il ricorso alla Corte di Giustizia Europea
La Corte di Giustizia Europea quindi ha dovuto innanzitutto stabilire se l'attività di un motore di ricerca “quale fornitore di contenuti, consistente nel trovare informazioni pubblicate o inserite da terzi su Internet, nell'indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificata come "trattamento di dati personali” allorché faccia venire alla luce informazioni relative ad un cittadino pubblicate da terze parti. La decisione finale è stata che, nonostante l'avvocato generale della Corte avesse ritenuto precedentemente Google come un semplice intermediario che contribuisce senza filtri né responsabilità di tipo editoriale nell'esercizio della libera informazione, con l'appoggio del governo spagnolo, italiano, austriaco e polacco, che un motore di ricerca, pur operando con obiettivi e modalità diversi da quelli di un editore, debba ritenersi a tutti gli effetti responsabile del trattamento dei dati personali.

La direttiva 95/46/CE
Richiamandosi alla direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati dove si da questa definizione: “ qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute con o senza l'ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, l'elaborazione o la modifica, l'estrazione, la consultazione, l'impiego, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l'interconnessione, nonché il congelamento, la cancellazione o la distruzione” per i giudici l'operato di Google, pur differenziandosi da quello di un editore, aderisce perfettamente alla definizione: “Occorre constatare - si legge nella sentenza - che, esplorando Internet in modo automatizzato, costante e sistematico alla ricerca delle informazioni ivi pubblicate, il gestore di un motore di ricerca "raccoglie" dati siffatti, che egli "estrae", "registra" e "organizza" successivamente nell'ambito dei suoi programmi di indicizzazione, "conserva" nei suoi server e, eventualmente, "comunica" e "mette a disposizione" dei propri utenti sotto forma di elenchi dei risultati delle loro ricerche

Conclusione
Il punto ora è, per ammissione degli stessi giudici della Corte di Giustizia Europea, come trovare un giusto equilibrio tra i due aspetti del diritto, quello alla privacy e quello alla libera informazione: “la soppressione di link dall'elenco di risultati potrebbe, a seconda dell'informazione in questione, avere ripercussioni sul legittimo interesse degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a quest'ultima”. Sarà necessario quindi entrare nel merito della natura dell'informazione appurando se si tratti di dati sensibili la cui diffusione in rete possa arrecare nocumento al cittadino, il ruolo che questo ricopre nella vita pubblica, l'età anagrafica dell'informazione riportata nelle ricerche o il fatto che non abbiano più rilevanza nell'attualità. La regola è stata stabilita, ora si tratta solo di metterla a punto  

martedì 13 maggio 2014

Boko Haram, Al Qaeda, la Nigeria e i retroscena della politica Occidentale

Il rapimento delle 200 studentesse in Nigeria da parte di Boko Haram è strettamente legato alla sete di energia del mondo occidentale

Boko_Haram
In questi giorni la stampa internazionale ha puntato molto l'attenzione sul gruppo affiliato ad Al Qaeda, Boko Haram, per via del rapimento delle 200 studentesse nigeriane rapite per convertirle all'islamismo e per la strage di almeno 300 civili massacrati nella cittadina di Gamboru Ngala. Molte le voci note che chiedono la loro liberazione da Michelle Obama a Malala e Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno già messo a disposizione le loro migliori forze di intelligence per strappare le ragazze dalle mani dei loro rapitori, un episodio che ha toccato la sensibilità di molti, ma spesso, come in questo caso, le vere ragioni della instabilità politica della Nigeria vengono nascoste o quanto meno taciute dalla stampa. Vediamo di fare un po' di chiarezza.

Cambiamento climatico e disastri ambientali

Uno studio del 2009 del Dipartimento Inglese per lo Sviluppo Internazionale (Dfid) aveva già evidenziato che il cambiamento climatico avrebbe potuto provocare instabilità in Nigeria a causa della scarsità del terreno coltivabile dovuto alla desertificazione, alla carenza di acqua e al fallimento dell'agricoltura nelle aree montagnose di quello Stato. Questa previsione è stata confermata da un più recente studiodell'Istituto USA per la Pace, finanziato dal Congresso americano, che evidenziava un collegamento tra la recrudescenza della violenza e il cambiamento climatico della regione, ecco la conclusione della ricerca: “Risposte insufficienti ai cambiamenti climatici creano penuria di risorse quali terre coltivabili ed acqua. Questi impoverimenti sono seguiti da impatti secondari negativi, più malattie, fame, disoccupazione. Risposte inadeguate a queste problematiche aprono le porte al conflitto” . Il Professor Sabo Bako dell'Università Ahmadu Bello conferma ulteriormente questa analisi. Secondo il suo parere il movimento Boko Haram sarebbe nato da una setta chiamata Maitatsine, nel nord della Nigeria, i cui membri erano principalmente le vittime abbandonate a se stesse dei disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici.

Crisi energetica e petrolifera

Ad aggravare la situazione di instabilità in Nigeria si è aggiunta la crisi energetica in quanto negli ultimi mesi si è registrato un forte abbattimento dei sussidi statali contro il caro benzina che ha provocato un aumento generale della fame e dei disordini nelle città. Uno studio del 2011 di due ricercatori nigeriani metteva in guardia contro l'imminente declino delle riserve petrolifere del Paese. La Shell, nel marzo dell'anno in corso, ha parlato di una riduzione nella produzione di petrolio greggio tra il 15 e il 20% e, sempre nello stesso mese, il Ministero delle Risorse Petrolifere chiese più investimenti nell'esplorazione di nuovi giacimenti: “Le riserve di greggio stanno esaurendosi, la nostra produzione sta anch'essa diminuendo.... Abbiamo bisogno di fare di più a tal proposito per avere più riserve. Abbiamo raggiunto il plateau della produzione nel delta del Niger e stiamo già calando.

La maggior parte dei soldati semplici di Boko Haram non sono fanatici religiosi; sono poveri ragazzi che sono stati fatti ribellare contro loro patria corrotta da un leader carismatico” è quanto affermato da David Francis, uno dei primi reporter occidentali ad occuparsi di Boko Haram. In un quadro così complicato per Al Qaeda non è stato difficile trovare terreno fertile per il reclutamento di nuovi miliziani, il 70% circa della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al giorno e Boko Haram si è rivelato un perfetto trait d'union tra le cellule maghrebine e quelle nigeriane.

Il ruolo ambiguo della politica occidentale

Ma qui arriviamo al punto più interessante di tutta la faccenda: la rapida espansione di Al Qaeda nell'area nord-est dell'Africa, ovvero il movimento Boko Haram,è stata appoggiata e favorita dall'intelligence algerina sotto la tacitaapprovazione di USA, Francia e Regno Unito. Il motivo di questa contraddizione della politica occidentale? Semplice: la solita, inestinguibile sete di energia che in questo caso si chiama shale gas ovvero il gas di scisto, ottenuto tramite il controverso metodo del fracking di cui, secondo il Dipartimento dell'Energia americano, la Nigeria deterrebbe la terza riserva mondiale. Se a tutto questo aggiungiamo la crisi ucraina e la decisione della Russia di chiudere i rubinetti del gas per l'esportazione il quadro diventa chiaro e si capisce come l'America ed altri stati occidentali se da una parte condanno il terrorismo di Al Qaeda dall'altra hanno l'interesse a sostenerlo. Secondo Jeremy Keenan, uno dei maggiori esperti sull'Algeria alla Scuola di Studi Orientali e Africani, l'espansione di AQIM (Al Qaeda in Islamic Maghreb) si è concentrata il regioni ricche di riserve di combustibile come Algeria, Delta del Niger, Nigeria e Ciad, regioni dove Boko Haram ha dichiarato di avere ricevuto il proprio addestramento terrorista. Sempre Keenan riferisce come più di dieci anni fa questi Paesi firmarono un trattato di cooperazione per il contenimento del terrorismo che ha efficacemente unito i due lati ricchi di petrolio del Sahara con un sistema di sicurezza generale la cui architettura è prettamente americana: “Il trattato si evolse in un'iniziativa trans-sahariana di contenimento del terrorismo, che fu poi assorbita dal comando africano dell'esercito USA ( AFRICOM)”. Ma continua dicendo che l'avidità di gas e petrolio dell'Occidente ha condotto i vari governi a chiudere un occhio sul ruolo che Stati ricchi dei preziosi minerali avevano nella promozione del terrorismo regionale. Lo scopo? Legittimare gli sforzi per consolidare un accesso armato dei governi alle risorse energetiche africane. In altre parole: favorire il terrorismo locale per legittimare l'intervento armato e dominare così i territori di interesse. Se questa analisi è corretta ecco che allora le 200 ragazze rapite in Nigeria da Boko Haram non sono solo vittime del fanatismo islamista, ma anche delle politiche estere, economiche e di sicurezza legate alla nostra incontenibile dipendenza dalle fonti energetiche  

domenica 11 maggio 2014

La democrazia oscurantista e i paletti dell'informazione, la Russia pone limiti ai blogger

La Russia ha deciso di porre dei limiti ai blogger più popolari, un altro indice dell'oscurantismo democratico.

Oscurantismo_democratico

L'informazione libera fa paura ai governi 

e la Russia ha di recente approvato una legge che ponedei rigidi limiti ai blogger: democrazia si, ma oscurata da una sorta di censura che la rende inutile. La Duma russa infatti ha approvato un controverso disegno di legge che mette in serio pericolo la libera circolazione dei contenuti su Internet. In pratica i blogger che hanno un numero superiore alle tremila visite al giorno sono obbligati a registrarsi presso l'Agenzia per i Diritti dei Consumatori Rospotrebnadzor, lo ha riferito l'emittente Russia Today. In questa maniera i bloggerpiù popolari vengono equiparati ai direttori dei giornali ed hanno l'obbligo di firmare i propri articoli con i nomi veri impegnandosi a non pubblicare informazioni di carattere estremista o terroristico, promuovere la violenza o la pornografia o usare un linguaggio volgare. Ai trasgressori verrà comminata una multa che va dai 10 mila ai 30 mila rubli.

La Russia dunque si allinea a quei Paesi autoritari 

come la Cina e la Turchia che vedono in Internet e nella velocità dell'informazione in rete uno dei principali pericoli per gli equilibri interni del potere, potremmo parlare di una sorta di democrazia oscurantista: libertà di espressione, ma entro certi limiti regolamentati per legge. Una precisazione va fatta: mentre la stampa tradizionale, per un verso o per un altro, è la voce ufficiale dei governi e le notizie vengono fornite secondo uno schema prestabilito (un esempio recente per tutti: la recente analisi del filosofo tedesco JurgenHabermas sulla politica della Germania nell'ambito dell'Unione Europea in Italia è passata quasi sotto il più totale silenzio, vedi articolo) i blog sono gestiti da individui che non possono essere assoggettati alle stesse regole e che anzi, spesso, è della controinformazione che fanno il loro punto di forza. Si vuole mettere il bavaglio alla voce della dissidenza.

In realtà il caso della Russia è solo la punta di un iceberg 

e i Paesi occidentali non sono da meno nell'uso dell'oscurantismo democratico, per non andare troppo indietro nel tempo ricordando Echelon, il grande spione della rete che attraverso un sofisticato algoritmo filtra tutte le parole considerate “sensibili” dai servizi segreti come bomba, attentato, armi, pedofilia etc. il recente caso del datagate svelato da Edward Snowden o le intercettazioni telefoniche dell'NSA statunitense sulle conversazioni personali di personaggi influenti della politica internazionale o ancora il presunto scambio di informazioni tra Google e la stessa NSA ci fanno vedere come anche in quelle che si definiscono democrazie a tutti gli effetti, il problema del controllo della rete è determinante.

E in Italia invece come siamo messi? 


Lo scorso 17 aprile un disoccupato disperato, Felice Ferrucci, si è trovato all'uscio di casa sua la polizia per un commento di sfogo lasciato sulla pagina Facebook della presidentessa della Camera Laura Boldrini, il sistema di sicurezza che controlla le comunicazioni aveva intercettato una frase considerata a rischio. La legge russa che vuole regolare i blogger dunque, potrebbe creare un precedente anche per i paesi cosiddetti democratici, in fondo si sa, per garantire l'ordine pubblico e la sicurezza, qualunque metodo efficace diventa lecito e la ragion di stato è superiore a qualunque principio democratico altrimenti come si giustificherebbe il fatto che un governo eletto dal popolo abbia al suo interno i servizi segreti? Se lo Stato siamo noi, perché dobbiamo essere tenuti all'oscuro di certi fatti? Regolamentare i blogger è oscurare la democrazia, qualunque ragione ci sia a monte

sabato 10 maggio 2014

Le api a rischio estinzione ed ecco farsi avanti le multinazionali del cibo, è l'allarme di Greenpeace

Greenpeace lancia l'allarme con un video: le api sono a rischio estinzione e le multinazionali affilano le proprie unghie

Api_impollinatrici
Il vero dominio su questo povero pianeta sfruttato e sovrappopolato è nella gestione delle risorsealimentari. Greenpeace diffonde un video per sensibilizzare l'opinione pubblica sullo sterminio delle api da parte delle multinazionali del cibo. Secondo il parere di alcuni studiosi l'estinzione di questi operosi insetti potrebbe provocare in breve tempo l'estinzione del genere umano. Non si tratta di allarmismo, infatti le api svolgono un ruolo importantissimo nell'impollinazione dei fiori e di conseguenza degli alimenti vegetali che essi producono. In altre parole questi imenotteri sociali che sono diffusi in tutte le aree geografiche del pianeta (se si fa eccezione ai poli dove la vegetazione è pressoché inesistente) sono alla base della catena alimentare: favoriscono l'impollinazione delle piante delle quali si nutrono gli erbivori i quali, a loro volta, diventano alimento per carnivori.


Allora perché, si sono domandate le multinazionali dell'alimentazione, lasciare alle api il monopolio della produzione del cibo? Nel breve video prodotto e diffuso da Greenpeace, “Robobees”, si vedono delle api robot che sostituiscono quelle vere nel compito dell'impollinazione. Il video è ambientato in un futuro non troppo lontano, ma il messaggio è chiaro: le multinazionali che già stanno dominando nel campo dell'alimentazione (vediMonsanto, Dupont ecc.), attraverso l'uso e la diffusione deipesticidi stanno facendo in modo di sterminare le api per sostituirle con api artificiali di loro proprietà garantendo così l'approvvigionamento alimentare globale.

Sembra uno scenario da fantascienza, ma non è così. Secondo le ricerche condotte non solo da Greenpeace, ma anche da molti studiosi accreditati, negli ultimi anni il numero delle api risulta notevolmente calato e così l'ipotesi delle api robot suggerita dagli ambientalisti non è poi così tanto peregrina tant'è, come affermano gli stessi attivisti di Greenpeace: “Abbiamo deciso di farci sentire durante le assemblee generali delle due società agrochimiche Sygenta e Bayer per chiedere conto direttamente ai presidenti delle due aziende della crisi degli impollinatori e dell'agricoltura, mentre i nostri attivisti, insieme agli apicoltori, hanno accolto gli azionisti distribuendo loro materiale informativo. Il modello agricolo che ci propongono i giganti dell'agrochimica – prosegue il comunicato stampa- legato alla dipendenza dei pesticidi e alle monocolture è fallimentare e conduce alla perdita della biodiversità e di funzioni esenziali come l'impollinazione

venerdì 9 maggio 2014

La tagliente critica di Habermas sulla deriva della politica tedesca, in Italia è passata quasi sotto silenzio

Lo scorso 4 febbraio Jurgen Habermas, noto filosofo tedesco, ha lanciato una dura accusa alla politica tedesca, ma in Italia è passata sotto silenzio.

Potsdam
Il 4 febbraio di quest'anno a Potsdam, la Versailles tedesca come viene definita per il gran numero di parchi e palazzi utilizzati come residenze dai re di Prussia, si è tenuto il congresso del Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD). In quella occasione Jurgen Habermas, considerato il più grande filosofo tedesco erede della scuola di Francoforte, ha lanciato alla Germania una dura accusa dichiarando che l'attuale politica messa in atto dal governo della cancelliera Merkel è la continuazione di quello precedente e che non fa nulla per l'Europa di quello che aveva promesso. “La crisi è stata causata dagli sviluppi nel debito privato e non, come sostenuto, pubblico”.

Non è nel nostro interesse nazionale -ha affermato Habrmans- ricadere nella posizione di egemonia che ha aperto la strada a due conflitti mondiali ed è stata superata solo nell'unificazione europea”. Ed ha aggiunto che: “La crisi in molti paesi è stata creata dal mercato, dagli sviluppi nel debito privato e non, come sostenuto, dalle politiche di bilancio dei rispettivi governi”. Ovviamente le esternazioni di Habermans in Italia sono passate quasi sotto silenzio perché metterebbero in seria crisi il progetto neo-liberista della politica renziana mascherato sotto le spoglie di un “socialismo” dai forti tratti populisti. Gli unici giornali che hanno dato spazio alle parole del filosofo tedesco sono stati il Corriere della Sera con un trafiletto e Tempi con una maggiore copertura attraverso l'Irish Times.

Habermans è da sempre un sostenitore di una maggiore integrazione europea e con il suo intervento al Congresso di Potsdam ha chiesto alla sinistra tedesca di “ri-democratizzare l'Europa” non lasciandosi trascinare dalla volontà di potenza che ha già portato l'Europa stessa per ben due volte nel baratro dei conflitti mondiali. Habermans ha puntato il dito sulle misure proposte dalla Germania per risolvere la crisi del debito sovrano dei paesi europei periferici. Sottolineando che la crisi è stata determinata dagli sviluppi nel debito privato e non dal bilancio dei governi, il filosofo afferma che la Germania ha usato una chiave di lettura volutamente sbagliata allo scopo di aumentare il suo potere politico ed economico. Così facendo ha costretto diversi paesi dell'Unione ad approvare misure di salvataggio ad esclusivo beneficio della Germania evitando di vedere quali conseguenze questa politica di austerità avrebbe portato nella lunga distanza. Guardando al futuro, Habermans ha criticato l'approccio tecnocratico alla crisi da parte della Germania le cui manovre non hanno dato prova di effettiva efficacia ma, al contrario, hanno favorito una certa antipatia nei confronti dei tedeschi. “Il governo federale -afferma- ha giocato una posizione egemonica in Europa e così ha creato una situazione esplosiva”
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