Sul fronte internazionale l'Italia deve fare fronte ad una nuova minaccia: Alleanza e Serenissimi dichiarano la guerra
Sarebbe un titolone da prima pagina, il
sogno di molti miliziani secessionisti dell'Alleanza e
Serenissimi che, mostrando un mix tra una spiccata fantasia,
una discreta manualità come fabbri ed una personalissima
interpretazione della storia decidono che: -Ora basta!-, -Assediamo
lo stato italiano!- Ed è così che poche decine di
risoluti si riuniscono in un capannone e decidono di armarsi contro
l'odiato nemico dando vita a un piano bellico che non ha precedenti
nella storia: 24 contro 50 milioni armati di un trattore trasformato
in carro armato, qualche forcone e idee molto confuse sul da farsi
tant'è che tutti e 24 finiscono in manette prima ancora di aver
sparato un colpo.
Al di là degli aspetti puramente
grotteschi della vicenda (uno di loro si è auto definito niente po'
po' di meno che prigioniero di guerra, come un vietcong disperso
nella giungla ignaro della fine del conflitto) la cosa offre molti
spunti per riflettere: mentre la crisi ucraina ha riportato alla luce
la vecchia contrapposizione tra il blocco sovietico e quello
atlantico con tratti che ricordano la guerra fredda e mentre
l'Europa, priva di un reale deterrente politico, economico e militare
tenta di farsi strada tra i due giganti per affermare la propria
identità, un gruppo di fanatici nostalgici delle Repubbliche
Marinare si arma di improbabili giocattoli bellici richiamando
alla causa anche altri movimenti secessionisti come
quello sardo, ad esempio, o quello lombardo e rifacendosi alle linee
programmatiche delle Brigate Rosse.
Ma supponiamo che al di là degli
aspetti folcroristici dell'Alleanza e della Serenissima ci
sia un piano meglio strutturato e che la loro azione fosse stata
concepita come un fatto di pura propaganda (ricordiamo che un recente
referendum online della Liga Veneta per la richiesta
dell'autonomia ha riscontrato un notevole successo, anche se non in
maniera ufficiale), quali conseguenze ci sarebbero sul piano della
politica nazionale e, di conseguenza, di quella europea? Di sicuro,
anche se condotto coi termini della democrazia, una eventuale
secessione del Veneto invoglierebbe altre “isole”
etnico-culturali italiane a seguire la stessa via in un anacronistico
ritorno alle Repubbliche indipendenti.
In realtà, l'impressione è che questi
movimenti secessionisti poco abbiano a che fare con la valorizzazione
delle diverse culture che rendono così unica l'Italia: i
dialetti, le cucine regionali o le diverse architetture, ma che siano
più che altro mossi da campanilismi mai sopiti ed oscuri (ma non
tanto) interessi economici. Se la Liga Veneta ,
l'Alleanza e i Serenissimi vogliono l'indipendenza nel
nome di una storia trascorsa allora perché Roma non dovrebbe
rivendicare i suoi confini al Vallo di Adriano? Suvvia signori, siamo
nel terzo millennio!
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