domenica 31 agosto 2014

La corsa ai vettori bellici ipersonici, il nuovo traguardo della strategia militare

La deterrenza nucleare non è più sufficiente per mantenere gli equilibri geopolitici, il nuovo obiettivo sono i vettori bellici ipersonici

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16 luglio 1945, deserto del Nuovo Messico, USA, dai laboratori della cittadella scientifica di LosAlamos viene dato il via all'esplosione della prima bomba atomica della storia. Si conclude così il famigerato Progetto Manhattan architettato, nel 1942, dal presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosvelt e dal primo ministro inglese Winston Churchill per contrastare l'avanzata della Germania Nazista. Al progetto, guidato dal fisico Robert Oppenheimer, collaborarono in tutta segretezza i migliori scienziati di fama internazionale esuli dall'Europa in guerra, tra i quali il nostro Enrico Fermi.
Il resto lo sappiamo tutti: alle 8:15 del 6 agosto 1945 il bombardiere americano Enola Gay sgancia la prima bomba atomica su Hiroshima, 3 giorni dopo un secondo ordigno esploderà sulla città di Nagasaki: è la prima volta che si parla di armi di distruzione di massa.
Per quasi 70 anni da quelle tragiche date il mondo ha vissuto sotto l'incubo dell'olocausto nucleare che ebbe il suo culmine con la “crisi di Cuba” del 1962, uno dei momenti più critici della Guerra Fredda.
Nel 1980 Stati Uniti e Unione Sovietica firmano gli Accordi START (Strategic Arms Reduction Treaty) e sembra che l'incubo nucleare non sia più così imminente, ma in realtà lecose stanno diversamente: altri Stati, prendendo esempio dalle politiche di “deterrenza” delle due super-potenze, decidono, più o meno apertamente, di dotarsi di un arsenale atomico.
Ora però, il target degli eventuali interventi militari si è spostato su un punto ancora più ambizioso: colpire il nemico a grandi distanze prima ancora che possa mettere in atto un piano d'attacco ed ecco che entrano in gioco i vettori bellici ipersonici, non necessariamente dotati di testate nucleari, di cosa si tratta?
I vettori bellici ipersonici sono missili balistici intercontinentali che superano di 5 volte la velocità del suono (331,45 m/s ovvero 1.193,04 km/h) già sperimentati dalla Russia nel 2005, seguita dalla Cina (ufficialmente nel 2012) e dagli Stati Uniti che hanno compiuto l'ultimo test lo scorso 25 agosto conclusosi con un fallimento. L'ordigno infatti è stato fatto esplodere in volo a causa di non bene precisate anomalie. La velocità dei vettori bellici ipersonici è tale che nessun sistema di difesa antimissilistica esistente sia in grado di abbatterli durante il loro volo planato.
La strategia è semplice: distruggere le postazioni di difesa, attive o passive, in maniera fulminea e globale.
Ovviamente questa nuova prospettiva bellica ha suscitato l'interesse delle altre potenze nucleari, come l'India per esempio. Il vantaggio di questa tecnologia è quello di non dover ricorrere necessariamente all'uso di testate nucleari per distruggere gli obiettivi, cosa che implicherebbe gravi conseguenze nel caso di conflitti a breve raggio (se l'India attaccasse il Pakistan con ordigni atomici, per esempio, dovrebbe fare i conti con la contaminazione nucleare ed il fall-out su un'area molto estesa).
Ancora una volta dobbiamo constatare quanto sia stupida l'ambizione umana: avremmo i mezzi necessari per combattere guerre più importanti come la fame, la carestia o malattie devastanti come l'Ebola, ma i nostri governanti continuano a giocare ancora ai soldatini

sabato 30 agosto 2014

Wounded Knee, storia attuale di un massacro passato

29 dicembre 1890, quasi 300 indiani Sioux venivano massacrati sulle rive del fiume Wounded Knee. Ora gli stessi autori del massacro vogliono portare la pace nel mondo con le armi

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28 dicembre 1890, 350 indiani della tribù Sioux dei Miniconjou, guidati da Big Foot, appresa la notizia dell'assassinio di Toro Seduto, si mettono in cammino sotto la neve per recarsi a Pine Ridge, Sud Dakota, nel tentativo di ricongiungersi a Nuvola Rossa. E' l'ultimo atto della rivolta indiana, quello che passerà alla storia come il “massacro di Wounded Knee
In quel fatale 28 dicembre gli indiani vengono intercettati da 4 squadroni di cavalleria del Settimo Reggimento guidati dal maggiore Samuel Whitside con l'ordine di condurli in un accampamento situato sulle rive del fiume Wounded Knee, tra di essi 230 sono donne e bambini.
Una volta scortati sul posto vengono fatti accampare sotto la sorveglianza di due squadroni di cavalleria e posti sotto il tiro di due mitragliatrici pesanti.
Il 29 dicembre il colonnello James Forsyth dà l'ordine ai suoi uomini di disarmare i nativi, ma a quel punto accade l'irreparabile: Coyote Nero è un giovane Miniconjou con problemi di udito, tarda a capire l'ordine imposto dalle Giacche Azzurre e viene prontamente circondato dai soldati, mentre depone a terra il suo Winchester parte accidentalmente un colpo ed è il massacro: a quel colpo di fucile rispondono le due mitragliatrici appostate ai lati del campo. Il primo bilancio delle vittime parlò di 153 morti, ma una stima successiva dimostrò che dei 350 indiani Miniconjou quelli rimasti vivi erano solo 51, 4 uomini e 47 tra donne e bambini. Nella violenta sparatoria rimasero a terra anche 25 confederati, probabilmente vittime del “fuoco amico”

Quel massacro segnò la fine delle rivolte indiane e sancì la piena occupazione degli americani di un territorio che da secoli apparteneva ai nativi.
27 febbraio 1973, circa 200 indiani Sioux, eredi di quelli massacrati a Wounded Knee, decidono di asserragliarsi nella riserva di Pine Ridge per protestare contro le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere dal governo degli Stati Uniti, anche in questo caso tra di essi la presenza di donne e bambini è numerosa. I Sioux, con l'appoggio dell'American IndianMovement, dissotterrano le pipe di guerra, piazzano le tende intorno alla chiesa e allestiscono bunker improvvisati in vista della resistenza. La “cavalleria” infatti non tarderà ad arrivare: mezzi blindati, elicotteri e tiratori scelti della polizia federale ancora una volta cingono d'assedio Wounded Knee. 71 giorni durò la resistenza dei Sioux, durante i quali si autogovernarono secondo i riti e le tradizioni della loro cultura, ma il 10 maggio furono costretti, ancora una volta, a sottomettersi alla volontà dell'uomo bianco il quale prometteva un'inchiesta da parte del Senato sulle problematiche della loro popolazione Nulla di fatto: così come tradirono il trattato di Fort Laramie del 1868 ripetutamente infranto dagli stessi americani, alla stessa maniera l'impegno preso con i Lakota è rimasto lettera morta.
Ora gli stessi americani varcano l'oceano per difendere le minoranze religiose di altri paesi con un fardello di sterminio addosso che non si può, e non si deve, dimenticare

venerdì 29 agosto 2014

Chernobyl ricompare come uno spettro nella crisi ucraina -

Chernobyl

Le ricadute della crisi ucraina sullo stoccaggio delle scorie nucleari, Chernobyl torna drammaticamente alla ribalta

Sicurezza militare versus sicurezza ambientale. E’ questo uno dei possibili scenari futuri con il quale deve fare i conti l’Ucraina, ma non solo: tutta l’Europa e la stessa Russiapotrebbero essere pericolosamente coinvolte, parliamo diChernobyl.
Spinto dai forti contrasti con la Russia infatti, il governo diKiev ha avviato un progetto per realizzare, in un unico sito, un deposito per lo stoccaggio del combustibile nucleare esaurito e, quasi fosse un’ironia della sorte, è proprio Chernobyl il luogo designato scelto dal governo ucraino, a 28 anni dalla terribile catastrofe ambientale la tristemente famosa cittadina che dista appena 100 chilometri da Kiev torna ad essere protagonista del “nucleare”

giovedì 28 agosto 2014

La guerra dei sospetti: JPMorgan violata dagli hacker, gli USA indicano la Russia -

JPMorgan

La JPMorgan, il colosso americano della finanza, ha subito un attacco informatico, gli USA sospettano della Russia come risposta al blocco economico

Dati, smentite, dichiarazioni pubbliche, ritrattazioni. Si fa fatica a capire cosa accada realmente, eppure ci dobbiamo fidare: dagli StatiUniti è giunta la notizia che la JPMorgan, il gigante dell’economia americana, ed altri istituti di credito, sono stati oggetto di attacchi informatici provenienti dalla Russia o dall’Europa dell’Est. I media d’oltre oceano riferiscono che le indagini sono state affidate all’FBI e ad altre agenzie per la sicurezza nazionale tra le quali la celeberrima, oramai, NSA, portata all’onore delle cronache dalle rivelazioni di un suo ex analista, Edward Snowden, tuttora rifugiato i Russia.

Le multinazionali dell'informazione, censura e libertà di stampa

Twitter, Facebook e YouTube travalicano il proprio ruolo di piattaforme sociali ed applicano la censura secondo i propri criteri personali

Multinazionali_dell'informazione
In tempi non ancora sospetti come oggi questo blog pubblicò un articolo dal titolo volutamente provocatorio: “Google, semplice motore di ricerca o anche strumento della massoneria e dell'Ordine Mondiale?” Era il 6 aprile di questo stesso anno, nel mondo si combattevano solo le solite guerre di “routine”, quelle che fanno poca notizia, ma quel post ricevette lo stesso numerosi commenti tra favorevoli e contrari, soprattutto contrari in verità, in uno (non si capisce da dove sia giunta l'intuizione) si muovevano persino accuse di anti-semitismo.
Oggi, i fatti sono cambiati e anche molto rapidamente: crisi ucraina, guerra israelo-palestinese e, non ultima, la minaccia dell'ISIS verso il mondo occidentale. Le incursioni di Boko Haram in Nigeria e negli Stati limitrofi sono quasi del tutto scomparse dalla cronaca, l'estendersi incontrollato del virus Ebola nell'Africa centro occidentale è “oscillante” nei commenti dei media, forse meglio tacere per non creare eccessivi allarmi... e ritorna prepotente il problema dell'informazione: quali sono le fonti, ma soprattutto quali sono i “filtri” di queste fonti?
Le risposte sono semplici e sotto gli occhi di tutti: ciascuno di noi può essere una potenziale fonte, i nostri cellulari tuttofare ci consentono di essere cronisti immediati degli avvenimenti: girare video, scattare foto; registrare file audio oramai è un gioco da ragazzi e postare tutto online in tempo reale è già “automatizzato” nei dispositivi, ma dove vanno a finire questi dati? Anche questa è una domanda ovvia: finiscono su Google, Facebook, Twitter, Instagram e YouTube, per citare solo i più noti.
A questo punto però si pone una domanda assai spinosa sollevata da Ronan Farrow il 10 luglio scorso sulle pagine del Washington Post: “Why aren't YouTube, Facebook and Twitter doing more to stop terrorist from inciting violence?” (Perché YouTube, Facebook e Twitter non fanno di più per fermare l'incitamento alla violenza dei terroristi?)
Farrow, ex funzionario di Stato e portavoce dell'UNICEF nonché editorialista per MSMBC, richiama alla memoria le atrocità compiute in Ruanda circa vent'anni fa quando una radio di quel Paese contribuì ad alimentare il reclutamento con questo slogan: “Le tombe sono solo mezzo vuote, chi ci aiuterà a riempirle?” La crisi, che si concluse nel 1994, fu definita il “genocidio ruandese” e vide coinvolte per quattro anni le due principali etnie del Paese: gli Hutu e i Tutsi.
Nella sua lettera al quotidiano, Farrow pone l'accento sul fatto che, a differenza del 1990-94 ora gli strumenti di comunicazione sono cambiati e quindi chiede una politica diversa sul meccanismo di filtraggio delle informazioni in rete.
Volenti o nolenti, pro o contro, la questione si sposta su un altro campo altrettanto delicato, quello della censura e di chi, eventualmente, può esercitarla in nome di un diritto collettivo alla sicurezza.
In un tweet lanciato questa settimanada, Dick Costolo, CEO dell'uccellino azzurro, fa sapere che verranno sospesi tutti gli account legati in qualche modo alle immagini della decapitazione di James Foley, il giornalista americano ucciso in Siria da un militante dell'ISIS, ma in un articolo pubblicato su The Guardian il 21/08/2014 a firma di James Palla, si ricorda come Twitter sia nato all'insegna del motto: “L'ala di libertà di parola del partito della libertà di parola”
A parte questa contraddizione che potrebbe essere giustificata dal forte impatto emotivo del filmato (tra l'altro messo in discussione da alcuni, almeno per quanto riguarda le modalità tecniche di acquisizione), rimane il fatto che lo stesso è stato presentato in rete non solo da semplici utenti dei social network, ma anche da prestigiose testate giornalistiche di rilevanza mondiale. Saranno bannate anche queste dalla piattaforma Twitter?
Entrano allora in gioco la libertà di stampa e il diritto del cittadino ad essere informato.
Attualmente, in tutto il mondo, Facebook ha circa 1,23 miliardi di utenti attivi, Twitter quasi 300.000.000 e YouTube, il canale di Google dedicato al video sharing, ha recentemente dichiarato un fatturato mensile di 1 miliardo di dollari, tutte attività, o meglio multinazionali dell'informazione, che gestiscono fatturati astronomici nel quasi totale monopolio dell'informazione globale. Un potere enorme quindi, capace di orientare i consumi non solo nel campo commerciale, ma anche, e soprattutto, in quello sociale e di conseguenza politico.
E' un errore considerare tutti gli utenti dei social come potenziali vittime di un reclutamento psicologico verso uno schieramento o verso un altro, anche se alcuni fatti suggeriscono una certa prudenza nel diffondere certe informazioni senza valutarne le conseguenze, ma resta un fatto: imporre una censura significa sentirsi autorizzati a stabilire il sottile confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato privando gli individui della libertà di scelta. Se questa censura è odiosa quando è esercitata dai governi lo è ancora di più quando sono le multinazionali ad applicarla

mercoledì 27 agosto 2014

Mosca Kiev: cauto ottimismo su un possibile disgelo

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Un faccia a faccia di circa due ore fa sperare un possibile disgelo tra Mosca e Kiev, Putin e Poroshenko finalmente si sono parlati

Il pretesto per mettere a confronto Mosca e Kiev sulla crisi ucraina è stato il vertice di Minsk che ha visto riuniti i Paesi membri dell’Unione Doganale: Russia,KazakhstanBielorussia e Ucraina. All’incontro erano presenti anche Catherine Ashton, in rappresentanza dell’Unione Europea, Guenther Oettinger, commissario UE all’Energia e Karel De Gucht, commissario al Commercio.
In realtà il vertice è stato il pretesto per mettere faccia a faccia Putin e Poroshenko sulla delicata questione ucraina che vede la forte contrapposizione tra Kiev e Mosca.
“A Minsk si decide il futuro della pace e dell’Europa” ha dichiarato il leader ucraino recandosi nella capitale bielorussa”.

lunedì 25 agosto 2014

Divide et impera: la strategia del fanatismo nei social network

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Leggendo i giornali e, soprattutto navigando nei vari social network, appare sempre di più evidente la strategia del fanatismo: divide et impera

Divide et impera, dividi per regnare. La frase fu attribuita a Filippo il Macedone e poi largamente usata da Luigi XI di Francia: diviser pour régner, ma che sia pronunciata in latino o in francese non perde il suo forte significato politico e sociale, più siamo “globalizzati” e più siamo “frammentati”
Sembrerebbe un paradosso, ma non è così, un clamoroso esempio lo troviamo nei social network, soprattutto in occasione di grandi eventi che toccano la sensibilità di molti: è in atto la strategia del fanatismo.
Un esempio sotto gli occhi di tutti è la macabra vicenda del reporter americano che ha fatto il giro della rete, ma per noi, in Italia, è sufficiente guardare il caso degli sbarchi sulle nostre coste ed è facile notare come, nei commenti postati su Facebook o Twitter, le due più famose piattaforme di scambi sociali, le posizioni siano spesso in netta contrapposizione e senza troppe sfumature che le distinguano le une dalle altre. Naturalmente Internet è la grande piazza virtuale dove ognuno può esprimere liberamente (forse) le proprie opinioni, ma questo si sta rivelando una specie di arma a doppio taglio: la scarsa o nulla conoscenza interpersonale e la brevità, a volte impulsiva-compulsiva dei commenti spesso, più che un dibattito, dà origine a vere e proprie dispute verbali che spesso culminano con reciproci insulti. Non sarebbe esattamente questa la funzione di un social network, ma molto dipende dall'aspetto “emozionale” e dalla convinzione di essere protetti da un “gruppo” che supporta le nostre convinzioni.
Torniamo al caso dei migranti: tempo fa un “buontempone” ha fatto circolare su Facebook la foto di un uomo dal viso deturpato dicendo che sull'isola di Lampedusa eranostati riscontrati 3 casi di infezione da virus Ebola importati dai passeggeri dei barconi della morte. Anche se rimosso prontamente dalla Polizia Postale, quel post in breve tempo ha ricevuto un qualcosa come 27.000 tra condivisioni e visualizzazioni accompagnate da un numero altrettanto notevole di commenti, chi inveiva contro la politica migratoria dell'Italia e chi metteva in guardia dal fatto che si trattasse di un fake. Difatti si è poi scoperto che si trattava di un falso e che l'autore aveva forti tendenze xenofobe.
E' evidente come una notizia lanciata così sciaguratamente (o volutamente, perché no?) in un social network, abbia lo stesso effetto di una bomba: pochi sono quelli che prima di commentare si accertano della veridicità delle fonti e in questo caso si evidenzia la strategia del fanatismo: lanciare una notizia dal forte impatto emotivo e lasciare che le “fazioni” si scaglino l'una contro l'altra. Dal social alla vita reale il passo è breve: animi già esasperati dai vari problemi potrebbero scendere per le strade armati di bastone e farsi giustizia sommaria, divide et impera appunto. Questo giustificherebbe un intervento delle autorità per riportare la calma e, se ci scappa anche il morto tanto meglio: politici, giornalisti e associazioni varie avrebbero un'ottima occasione per cavalcare l'onda.
Stessa cosa è avvenuta, in maniera mondiale, per il caso di James Foley, il cronista decapitato da un militante dell'ISIS: il video della sua decapitazione postato su YouTube ha inorridito e indignato tutto il popolo web. Dopo le prime dichiarazioni di cautela, tanto il governo americano, quanto quello britannico, hanno giurato sulla sua attendibilità anche se uno studio inglese, specializzato in analisi forensi, ha dovuto ammettere che il video in questione sia stato montato con cura attraverso tecniche specializzate di video editing e non, come di solito opera l'ISIS, con un semplice telefonino, dichiarando che la decapitazione sia avvenuta a telecamere spente. Sempre attraverso l'attenta analisi del video, i servizi segreti della Regina, sono risaliti all'identità del presunto sicario incappucciato, attraverso il filtraggio della sua voce, il tutto in un lasso di tempo così breve che fanno apparire leindagini su Bossetti come un fatto da Medio Evo: prodigioso! Ma tanto è bastato per seminare panico e preoccupazione in tutto il mondo occidentale: Londra ha inviato in Siria alcune unità del famoso reparto SAS (Special Air Service) e si appresta a varare leggi ancora più restrittive nell'ambito del terrorismo sulla linea già seguita dagli Stati Uniti con il WatchlistingGuidance.
Ma intanto il vaso di Pandora si è già rotto: sul web si scontrano le varie correnti di interpretazione: chi chiede maggiore controllo e repressione nei confronti dei cittadini islamici e chi grida al complotto e alla macchinazione ed anche in questo caso il principio divide ed impera ha sortito l'effetto desiderato, la strategia del fanatismo ha iniziato ad auto-alimentarsi, poco importa che i fatti siano incontrovertibilmente dimostrati, l'importante è avere qualcosa in cui credere.
Imporre un giro di vite “tout court” sulla sicurezza nazionale sarebbe difficile per qualunque governo occidentale che si definisca democratico, ma il semplice sospetto che la nostra “personale” incolumità possa essere a rischio diventa un potentissimo volano per chi tira le fila del potere: il panico è nemico della razionalità.
Naturalmente ciascuno continuerà a pensarla come ritiene opportuno cercando conferme o smentite alle proprie teorie, ma il fatto che i social siano sempre più terreno fertile per sfogare certe forme di fanatismo ideologico appare in tutta la sua devastante semplicità, domandarsi se i social possano anche essere strumenti per esercitare il principio del “divide ed impera” è una questione riservata all'intelligenza di ciascuno

domenica 24 agosto 2014

“Hamas come Hitler” Le parole del Nobel Wiesel indignano i sopravvissuti all'olocausto

Wiesel

“Hamas come Hitler” Le parole espresse dal premio Nobel per la pace, Elie Wiesel, hanno acceso l’indignazione di oltre 300 ebrei, sopravvissuti o discendenti dei sopravvissuti, ai campi di sterminio nazisti.

In una lettera pubblicata a pagamento sul New York Times si dissociano dalle dichiarazioni del Nobel e criticano gli Stati Uniti e il mondo occidentale per il sostegno dato ad Israele nelle operazioni militari nellaStriscia di Gaza.
Wiesel, premiato nel 1986, fu definito dal Comitato Norvegese che attribuisce il prestigioso riconoscimento, come “messaggero dell’umanità”

sabato 23 agosto 2014

Gli USA stanno valutando l'ipotesi di estendere i raid aerei anche alla Siria

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USA, dopo il video shoc della decapitazione non esclude una possibile alleanza con Bashar Al Assad per combattere l’ISIS in Siria

La decapitazione di James Foley da parte di un miliziano jihaidista, avvenuta in una imprecisata regione del deserto siriano, ha portato gli Stati Uniti a valutare l’ipotesi di estendere i raid aerei anche in Siria per combattere l’ISIS. E’ opportuno precisare una cosa innanzitutto: mentre le intelligence americana e inglese danno come certo il fatto dell’avvenuta decapitazione, altre voci, compresa la Russia, sollevano dei dubbi sulla veridicità del fatto ventilando l’ipotesi che si sia trattato di un fake utile a giustificare la recrudescenza degli attacchi americani.

venerdì 22 agosto 2014

Ma è vero che se lo dice la tivvù è veramente vero?

Decapitato nel deserto siriano da un guerrigliero jihaidista vestito di nero e dall'accento fortemente londinese

Questa agghiacciante notizia ha fatto immediatamente il giro del web, come non avrebbe potuto? L'impatto emotivo di quell'uomo in ginocchio in attesa di un'orribile morte dopo due anni di reclusione come vittima di un rapimento non poteva che essere immediato. La scena dell'esecuzione è stata ripresa e riversata su YouTube, il canale di video sharing di Google il tempo necessario per essere vista da tutti mentre, con “tattica” prudenza, le autorità americane mantenevano una certa riserva sull'autenticità del video stesso. Motivo della rimozione dal canale? “Potrebbe turbare la sensibilità di qualcuno”. Bene, qualcosa non quadra però perché, digitando su YouTube la parola“decapitazione il completamento automatico della piattaforma ci presenta un sostanzioso elenco di atrocità di vario genere, basta solo avere lo stomaco di guardarle.
Un paio di giorni dopo, le stesse autorità statunitensi hanno invece confermato che il video è autentico, ma ci sono più voci che sostengono l'esatto contrario, ossia che si tratti di un fake appositamente studiato a fini propagandistici con una serie di riferimenti puntuali che sono del tutto plausibili, ma... il video è stato rimosso quindi, a noi poveri fruitori della rete non rimane che il dubbio creando l'eterno contrapporsi tra complottisti e anti-complottisti.
Lo stesso Papa si è sentito nel dovere morale di rivolgersi alla famiglia di James Foley, il cronista decapitato fino a prova contraria, per esprimere la propria personale solidarietà e quella del mondo cattolico. La stampa italiana, parimenti, diffonde la notizia come assolutamente sicura e solo alcuni giornali hanno osato mettere quanto meno in dubbio il fatto che il video sia del tutto autentico come nell'articolo del 20 agostodel Secolo XIX.
Intanto però da Obama a Cameron passando dalla Mogherini al Papa questa decapitazione ha assunto le caratteristiche di un assioma assoluto.
Siria, 28 giugno 2013: “Una fonte cattolica locale ad AsiaNews sostiene che non vi sarebbero prove dell'avvenuta decapitazione perché non ci sono religiosi francesi nella zona”. La Custodia di Terra Santa smentisce l'esecuzione (seguire il link per leggere la fonte).
E' evidente che senza riscontri oggettivi tutto rimane nel campo delle supposizioni, ci saranno quelli pro e quelli contro, ma resta comunque un dubbio in sospeso, quello “lodato” da Bertolt Brecht che pare venga sempre più associato all'eresia che all'intelligenza, ma... è vero che se lo dice la tivvù è veramente vero?

giovedì 21 agosto 2014

Il Governo dice si all'invio di armi in Iraq

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Via libera del Governo all’invio di armi leggere in Iraq

Alea iacta est: le commissioni Esteri e Difesa del Senatohanno dato parere positivo allinvio di armi in Iraq, ma escludono un intervento diretto di militari italiani, 27 favorevoli e 4 contrari. Stessa decisione alla Camera con 56 voti favorevoli e 12 contrari. Il dibattito sull’opportunità di inviare sostegno militare ai curdi impegnati in prima linea contro l’avanzata dell’ISIS era aperto già da qualche tempo, ma pare che la notizia della decapitazione di James Foley, il cronista americano da due anni nelle mani deglijihaidisti siriani, sia stato l’imput definitivo a questa decisione.

mercoledì 20 agosto 2014

Reporter USA decapitato dall'ISIS come ritorsione ai raid aerei

ISIS

James Floey, reporter americano, “paga con la testa” per i raid americani in Iraq: decapitato dai militanti Jihaidisti dell’ISIS

Ancora non si hanno certezze assolute sulla autenticità del video diffuso in rete dai militanti jihaidisti dell’ISIS che mostrano James Floey, un reporter americano rapito nel 2012 in Siriadecapitato in una imprecisata zona del deserto siriano, ma sicuramente la notizia, se confermata ufficialmente, non mancherà di avere forti ripercussioni sulla situazione in atto in Medio Oriente. Il video mostreJames Floey in ginocchio, vestito con una divisa arancione come quelle usate a Guantanamo, accanto ad un guerrigliero mascherato che impugna un coltello.

martedì 19 agosto 2014

Chi sono gli Yazidi o Shaioan peresht “adoratori del diavolo”?

Il tentativo in atto da parte del gruppo islamico dell'ISIS di creare un nuovo Califfato ha portato le loro principali vittime, gli Yazidi, sotto la luce dei riflettori internazionali, ma chi sono costoro?

Yazidi
Quasi del tutto sconosciuti agli occhi di molti gli Yazidi, o Yezidi, sono i seguaci di una religione antichissima, lo Yazidismo appunto, che affonda le sue radici intorno all'anno 4.750 avanti Cristo. Il drammatico conflitto che in questi giorni sta sconvolgendo l'Iraq ha riportato questo popolo mite sotto la luce dei riflettori internazionali, vediamo di conoscerlo un po' più da vicino.
Lo Yazidismo nasce e si sviluppa principalmente nel nord ovest dell'Iraq, quasi al confine con Siria e Turchia. Attualmente si stima che i fedeli di questa antica religione siano tra i 300.000 e gli 800.000 di cui 300.000 dislocate in due aree dell'Iraq: le montagne del Gebel Singiar e i distretti di Badinan e Dohuk i restanti sono divisi tra Turchia, Iran, Germania ed ex Unione Sovietica.
La religione Yazidista racchiude al suo interno molte influenze di atri culti del Mediterraneo Medio Orientale: ebraismo, cristianesimo nestoriano, alcune influenze islamiche ed altri aspetti pagani.
Le pratiche legate al loro culto prevedono il battesimo, la circoncisione, il digiuno e il pellegrinaggio, nonché il divieto di mangiare alcuni cibi.
Dal punto di vista dottrinale gli yazidi credono che il creatore dell'universo sia un unico dio, ma, come in quasi tutte le altre religioni, ha un antagonista, MelekTa-us, dalle sembianze di pavone, che rappresenterebbe il male. La cosa curiosa di questa religione è il fatto che il dio creatore, considerato buono per sua natura intrinseca, sia aureo ed autosufficiente: non avrebbe senso adorarlo secondo gli yazidi, ma al contrario è Melek Ta-us, il diavolo, al centro del loro culto, che diventa così il vero oggetto di offerte e di preghiere con lo scopo di attenuare la sua malvagità e sia più “disponibile” con il genere umano.
Questa strana caratteristica della religione yazidista ha fatto si che la parte più intollerante dell'islamismo, quella più radicale, li abbia portati ad essere considerati come adoratori del diavolo tant'è vero che il nome che veniva dato loro il lingua persiana era Shaioan pereshet, “adoratoridel diavolo” o, in turco, Cyrag Sanderen “spegnitori di lampade”
L'odio verso questa minoranza religiosa da parte del mondo arabo integralista si può riassumere in un proverbio di quelle aree: “Tre calamità vi sono al mondo: le locuste, i topi e i curdi (dove per curdi s'intendono gli yazidi)”
In effetti di questa arcana religione si conosce ben poco. Quello che si sa è che è una comunità pacifica e riservata, tollerante verso le altre religioni, ma fermamente gelosa dei propri culti e che non è mai stata interessata di compiere azioni di apostolato.
Nel corso dei millenni la religione yazidita è riuscita a rimanere indenne a vari attacchi mantenendo intatta la sua misteriosa identità, ora il sedicente Califfato di Al Bagdadi sta tentando ancora una volta di eliminarla dalla faccia della terra o, quanto meno dal Medio Oriente  

lunedì 18 agosto 2014

Pessimismo di Padoan, crescita a rilento, l'effetto riforme non prima di 2 anni

Padoan

Pier Carlo Padoan esprime pessimismo sulla crescita e afferma: “L’effetto riforme si vedrà tra due anni”

Ancora un buco alla cinghia allora, la tanto attesaricrescita dell’economia, secondo il ministro per l’Economia Pier Carlo Padoan, va molto peggio di quanto era stato previsto e si dice preoccupato, ma al tempo stesso fiducioso sulla buona riuscita del governo nell’attuare le riforme necessarie che ci vengono richieste dai mercati e da Bruxelles.

Mal comune mezzo gaudio?

sabato 16 agosto 2014

Argentina: multinazionale USA accusata di terrorismo dalla presidente Kirchner

Cristina Kirchner, presidente dell'Argentina, ha accusato una multinazionale americana di terrorismo

Kirchner
In fondo era inevitabile che prima o poi accadesse, per troppo tempo l'America ha sfruttato la parola terrorismo per giustificare le sue ingerenze nelle questioni internazionali, ultimo, in ordine di tempo, l'intervento armato in Iraq col pretesto di difendere le minoranze religiose del Paese, ma si sa, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino e questa volta la trappola è scattata in Argentina dove la presidente Cristina Fernandez Kirchner ha accusato la Donnelley, una multinazionale USA leader nel settore della grafica, di terrorismo finanziario.
La ragione che ha portato la Kirchner aquesta clamorosa accusa è l'improvvisa dichiarazione di fallimento della Donnelley che di colpo ha chiuso la propria sede in Argentina lasciando senza lavoro 400 lavoratori. Va precisato che la multinazionale americana ha 55.000 dipendenti in tutto il mondo.
La denuncia, presentata dalla Kirchner alla corte penale della Giustizia Federale è motivata dal fatto che la mossa della Donnelley sarebbe stata studiata a tavolino e sarebbe collegata ai cosiddetti “fondi avvoltoio” (è una pratica che consiste nell'acquistare le compagnie in difficoltà finanziaria, ristrutturarle e rivenderle, generando enormi profitti) pertanto la multinazionale, come prevede la legge antiterrorismo argentina del Dicembre 2011, deve rispondere dell'accusa di “alterazione dell'ordine economico e finanziario” che potrebbe compromettere seriamente l'equilibrio sociale del Paese.
Se inseriamo la notizia in un quadro geopolitico più ampio non possiamo fare a meno di ricordare il recente viaggio di Putin in America Latina e a Cuba, per stringere nuovi partenariati commerciali in risposta alle sanzioni di Europa e Stati Uniti dopo l'annessione della Crimea.
E' sicuramente poco probabile che l'America subisca danni diretti per questa accusa di terrorismo rivolta ad una delle sue aziende, ma sicuramente, qualora l'Argentina dimostrasse di avere ragione, ci sarebbe un clamoroso precedente, cosa che potrebbe portare altri Stati poco favorevoli alle politiche della Casa Bianca a seguire lo stesso percorso e a quel punto, la famosa “carta terrorismo”, sarebbe più difficile da giocare da parte di Obama

Virus Ebola sottovalutato, l’OMS dichiara le difficoltà nell’arginarlo

ebola

Secondo l’OMS l’epidemia del virus Ebola è inarrestabile, per Medici Senza Frontiere occorreranno almeno 6 mesi per uscire dall’emergenza

“Un’epidemia inarrestabile”, questa la sconfortante dichiarazione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) secondo la quale è stata “significativamente sottovalutata”
La cosa lascia parecchio sconcertati in effetti: se lo stesso organismo che avrebbe dovuto provvedere all’esatta valutazione del rischio si lascia andare ad una simile affermazione c’è davvero di che preoccuparsi.
Secondo gli ultimi dati in possesso dell’OMS le strutture per l’accoglienza dei malati sono al collasso, quasi tutti i posti letto allestiti nell’area dell’Africa Occidentale sono occupati e il numero dei contagiati continua ad aumentare: 1.145 morti è il bilancio dell’ultimo bollettino contro i 1.069 dell’epidemia precedente.
http://www.generazioneweb.net/virus-ebola-sottovalutato-loms-dichiara-le-difficolta-nellarginarlo/

giovedì 14 agosto 2014

Smentendo le affermazioni dei giorni scorsi Obama invia 130 marines in Iraq

marines

Lo scorso 8 agosto Obama aveva dichiarato di voler intervenire in soccorso della popolazione civile in Iraq senza alcun intervento di terra, oggi la smentita

8 agosto 2014: nell’annunciare al mondo l’intenzione di intervenire in Iraq per la difesa dei diritti umanitari delle minoranze religiose dall’avanzata dell’ISIS, Barack Obama fu chiaro“Oggi l’America interviene per aiutare le minoranze, ma non permetteremo che gli USA siano trascinati in un’altra guerra in Iraq. Quando le vite dei cittadini americani sono a rischio, noi agiamo. 

mercoledì 13 agosto 2014

Legname illegale? Ci distinguiamo pure in questo campo

Il 13 marzo del 2013 è entrato in vigore il “Regolamento legno” della Commissione Europea (EUTR), nonostante siamo a capo della presidenza del Consiglio UE ci "becchiamo" una procedura d'infrazione

Unione_Europea
Certo, di alibi ce ne sarebbero fin troppi: emergenza immigrazione, conflitti virulenti che vanno dall'est del Vecchio Continente fino al cuore del Mediterraneo, rischio Ebola che incombe dall'Africa Occidentale, disoccupazione e certi aspetti della nostra realtà passano quasi inosservati, marginali eppure, nell'insieme delle cose, contribuiscono a determinare le svolte del nostro futuro e quello dei nostri figli.
Parliamo del “Regolamento Europeo del legno” (DDLn. 2173/2005 del Consiglio Europeo e n. 995/2010del Parlamento Europeo) trasmesso alla Presidenza del Senato il 22 luglio 2014 e non ancora preso in carica per essere implementato. Questo ha fatto si che la Commissione Europea, di cui l'Italia gestisce la presidenza semestrale, abbia avviato una procedura di infrazione.
Dopo più di un anno quindi, non siamo ancora in regola. Attenzione però, perché, come al solito, alcune frasi del politichese potrebbero essere fraintese: il 16 maggio del 2014, il ministro per le Politiche Agricole, Maurizio Martina, dietro sollecitazione di Greenpeace e di altre associazioni ambientaliste che chiedevano di prendere decisioni concrete al riguardo (il mercato illegale del legno costituisce il 50-90% delle attività di disboscamento in aree come l'Amazonia, l'Africa Centrale ed il Sudest Asiatico) ha risposto con un tweet: “Detto-fatto. Il cdm ha approvato il decreto per l'attuazione della disciplina europea sul #legnoillegale @Greenpeace_ITA #laSvoltabuona”
In effetti, andando sulla pagina ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole vediamo che in data 16/05/2014Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che durante il Consiglio dei Ministri di oggi è stato approvato lo schema di decreto legislativo delMipaaf con cui verrà data attuazione alla disciplina europea riguardante il divieto di importazione di legno tagliato illegalmente”
Come mai allora la Commissione Europea ci ha giudicato inadempienti ed ha avviato la procedura di infrazione? Semplice, la risposta è in questa frase: “è stato approvato lo schema di decreto legislativo” che tradotto significa: l'Italia ha adempiuto agli obblighi solo in termini di autorità competenti, ma per quanto riguarda i controlli e le sanzioni la normativa è ancora in via di definizione. Ecco la “Pagella” della Commissione Europea per i 28 Stati membri
Come detto all'inizio dell'articolo, sicuramente non sarà difficile trovare scuse plausibili a questo ennesimo ritardo della politica italiana, però va ricordato che esistono, e vengono pagati con denaro pubblico, appositi dicasteri che devono occuparsi di fatti specifici nell'ambito delle proprie competenze

Ebola, l'OMS dà il via all'uso di farmaci sperimentali

ebola

L’OMS, in deroga alle proprie procedure, dà il via all’uso di farmaci sperimentali per contrastare il virus Ebola

L’epidemia del virus Ebola sta creando una certa preoccupazione: 1.013 persone uccise e 1.848 quelle contagiate (dati relativi alla giornata di ieri, n.d.a). I Paesi coinvolti sono tutti concentrati nell’Africa occidentale: Nigeria, Sierra Leone, Liberia e Guinea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta facendo tutto il possibile per contenere e circoscrivere i focolai.
Intanto, in deroga alle procedure standard che prevedono tutta una serie di test e di verifiche prima di poter somministrare a pazienti umani farmaci in fase ancora sperimentale, al termine di un vertice tenutosi ieri a Ginevra, data la gravità del caso, l’OMS ha definito “etico” l’uso dello ZMapp

martedì 12 agosto 2014

Israele dispone di tecnologie nucleari? La risposta è ni

La posizione di Israele riguardo il possesso di armamenti nucleari non è mai stata chiara, alcuni documenti confermerebbero questa convinzione

Armi_nucleari
Foto Wikipedia
Secondo i dati ufficiali, lo Stato di Israele non è in possesso di armamenti nucleari, ma forse il recente conflitto contro Hamas potrebbe avere risvegliato in qualcuno una certa curiosità in proposito: una ricerca in rete ha portato alla luce alcuni elementi che, quanto meno, lasciano un certo spiraglio al dubbio. Naturalmente, per avere dati aggiornati al 2014 bisognerebbe essere degli agenti segreti, ma se partiamo dal principio che difficilmente uno Stato come quello di Israele, l'unico Stato ebraico profondamente incistato in un area a larga prevalenza musulmana, possa fare a meno di armi a forte deterrenza bellica conquistate tempo addietro, ecco che alcuni documenti risalenti al 2006 e addirittura altri ancora precedenti qualche dubbio lo pongono.
Il primo caso interessante risale al 1986 quando un ingegnere impiegato nel centro nucleare di Dimona, una città israeliana situata nel deserto del Negev a 35 Km ad ovest del Mar Morto, rilasciò al Sunday Times un'intervista dove parlava del programma nucleare militare israeliano. Era il 5 ottobre e il tecnico si chiamava Mordechai Vanunu, ma prima che l'articolo venisse pubblicato agenti del Mossad lo rapirono in Italia. Vanunu fu ricondotto in patria, processato a porte chiuse e condannato a 18 anni di carcere. Fu rilasciato il 21 aprile del 2004 e qui si puòleggere l'intervista che rilasciò a Silvia Cattori per RéseauVoltaire.

Israele quindi, risulterebbe essere in possesso di un cospicuo arsenale nucleare già da prima della fine degli anni '80 e pare persino che abbia adottato il cosiddetto modello “Triade” preso in prestito dagli Stati Uniti. Tale modello prevede la possibilità di lanciare ordigni atomici da aerei, da postazioni di terra e da sottomarini. Nel 1999 l'USDefence Intelligence Agency stimò che Israele aveva assemblato tra le 60 e le 80 testate nucleari.
Arriviamocosì al 2006 quando l'allora Primo Ministro israeliano Ehud Olmert, dopo aver siglato l'acquisto di 2 sommergibili Type 800 Dolphin Class dalla Germania (consegnati nel 2012) equipaggiabili con missili SLCM (Submarine Launced Cruise Missile) dichiarò alla stessa televisione tedesca che Israele era inclusa tra i Paesi in possesso di armi nucleari, affermazione però rinnegata subito dopo dallo stesso Olmert e da altri funzionari con la seguente dichiarazione: “Israele non sarà il primo Paese ad introdurre armi nucleari in Medio Oriente”
Ma vediamo un altro rapporto interessante, questa volta pubblicato dalla ISIS(Institute for Science and International Security) pubblicato nel 2010 nel quale si legge che nell'aprile dello stesso anno il BIS(Bureau of Industry and Securty) accusò l'americana Telogy LCC e la sua affiliata belga di avere violato l'USExport Administration Regulations per aver tentato di esportare prodotti controllati verso la Cina, l'India, il Sud Africa e Israele. I beni in questione erano oscilloscopi e pompe per il vuoto che potevano essere utilizzati nell'ambito di programmi nucleari o missilistici.
Ovviamente, tutto quanto affermato fino ad ora è verificabile attraverso i link attivi e si basa solo su di una semplice ricerca in rete che chiunque è libero di approfondire, ma, tornando alla domanda iniziale: “Israele dispone di tecnologie nucleari?” la risposta potrebbe essere “ni”

lunedì 11 agosto 2014

Psyops, strategie di comunicazione militari e Jtrig tools

Psyops, operazioni psicologiche nelle strategie di comunicazione militari e Jtrig (Joint Threat Research Intelligence Group)
GCHQ

Le strategie psicologiche hanno accompagnato l'”arte militare” fin dai suoi albori: grida e colori di guerra, abbigliamenti aggressivi, inni, rulli di tamburi hanno sempre fatto da cornice ai conflitti in tutte le civiltà con un unico obiettivo: intimorire il nemico. Con l'avvento delle nuove tecnologie, ovviamente, le tecniche si sono perfezionate e le rivelazioni dell'ex analista della CIA, Edward Snowden hanno aiutato a fare luce, seppure in maniera parziale, su quale sia la natura specifica di tali pratiche. Tuttavia sarebbe sciocco credere che certe informazioni possano avere indebolito i servizi segreti, soprattutto quelli inglesi e americani, i più coinvolti dalle rivelazioni dell'ex agente, è logico pensare che una tale ipotesi fosse stata presa in considerazione prima ancora che ci fosse quella clamorosa fuga di notizie e comunque, anche se difficilmente noi piccoli esseri umani potremmo essere protagonisti diretti di una spy-story, conoscere, anche se in maniera non approfondita, quali siano i nuovi strumenti di spionaggio e le relative strategie psicologiche messe in atto dalle varie agenzie di intelligence, ci permette di renderci conto come la nostra vita sia continuamente sorvegliata e manipolata.
Paradossalmente, al centro di queste sofisticate ricerche finalizzate al controllo dei dati sensibili, ci sono le cosiddette agenzie per la sicurezza nazionale, la britannica GCHQ (GovernmentCommunication HeadQuarter) e l'americana NSA(National Security Agency) il cui compito, come si vede dalle pagine dei rispettivi siti ufficiali, sarebbe appunto quello di garantire a tutti i cittadini, quegli strumenti atti ad assicurare la sicurezza informatica dei propri dati, agenzie, non è il caso di sottolinearlo, finanziate con denaro pubblico.
In realtà non è affatto così, lo sapevamo già e Snowden non ha fatto altro che darcene conferma in maniera ufficiale tant'è vero che sono proprio queste agenzie a mettere a punto le cosiddette Psyops (Operazioni Psicologiche) non tanto per la nostra sicurezza, come vorrebbero farci credere, ma con lo scopo esattamente contrario, come si vede dal documento linkato in questa pagina, parliamo del Jtrig(Joint Threat Research Intelligence Group), una collezione di tools informatici, alcuni operativi, alcuni in fase di sviluppo ed altri in fase di implementazione. Il Jtrig, messo online da Glenn Greenwald, il giornalista del “The Guardian” a cui per primo Snowden rivelò i suoi documenti, era classificato come documento di massima segretezza, una vera e propria guida di hackeraggio a disposizione dei servizi di spionaggio.
Lo scopo di questo articolo non è tanto quello di entrare nel merito specifico delle tecnologie evidenziate, quanto quello di sottolineare che la stampa italiana, molto spesso, ci fornisce indicazioni generiche e sensazionalistiche di certi accadimenti, ma senza fare riferimento a documentazioni particolari, quelle bisogna cercarsele da soli

#AmessagefromISIStoU, il nuovo hashtag di minacce contro gli Stati Uniti

#AmessagefromISIStoU

Twitter come strumento di minaccia da parte dell’ISIS: #AmessagefromISIStoU è il nuovo hashtag che raccoglie una serie di minacce agli USA

I social sempre più coinvolti nei conflitti come strumenti di propaganda. Questa volta tocca a Twitter essere il veicolo che l’ISIS ha adottato per minacciare gli Stati Uniti#AmessagefromISIStoU è il nuovohashtag che il gruppo jiahidista ha inviato ad alcuni cittadini americani attraverso il profilo @Sunna_Rev. Nei messaggi compaiono alcune immagini di aderenti al gruppo sunnita e della Casa Bianca, immagini raccolte con dei semplici telefonini e poi twittate.

sabato 9 agosto 2014

NSA, i rapporti segreti (ma non troppo) col Ministero degli Interni saudita

Una parte della verità sugli impegni umanitari degli Stati Uniti: i rapporti segreti tra NSA e il Ministero degli Interni saudita

NSA

Che la politica estera degli Stati Uniti non si distingua per la trasparenza è cosa evidente, ma dopo la decisione dei “bombardamenti umanitari” in territorio iracheno del presidente Obama per arrestare l'avanzata jiahidista dell'Isis e per venire in soccorso delle minoranze religiose in fuga dal conflitto fa tornare di attualità il rapporto che intercorre tra l'NSA (National Security Agency) e il Ministero degli Interni saudita, (MOI)uno tra i più violenti e repressivi del mondo. L'accordo, siglato tra le parti l'8 aprile del 2013 e classificato come “top secret” è venuto alla luce dopo le rivelazioni dell'ex analista della CIA Edward Snowden (qui l'originale in lingua inglese).
In un rapporto dello stesso anno, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pubblicò sul proprio sito un documento firmato dal segretario di Stato John Kerry denominato “Rapportinazionali sui diritti umani pratiche per il 2013” nel quale stigmatizzava l'impegno degli Usa nella continua difesa della dignità dei diritti umani. Inquello stesso documento figura anche l'Arabia Saudita, il cui Ministero degli Interni è stato già condannato come uno trai i più brutali al mondo nell'applicare la repressione verso i propri dissidenti, politici e religiosi e non estraneo a casi di torture e altri abusi fisici e psicologici a danno dei propri prigionieri.

Ma, se da una parte il Dipartimento di Stato si sforzava di offrire al pubblico un'immagine rassicurante della politica estera americana, dall'altra l'NSA stringeva ulteriori rapporti di collaborazione col MOI.
In realtà, stando alla stessa Agenzia Nazionale per la Sicurezza americana, i rapporti col MOI hanno iniziato ad intensificarsi dopo il 1991, la data che pose fine alla Guerra del Golfo e nel dicembre del 2012 il coordinatore dell'intelligence nazionale, James Clapper, autorizzò l'agenzia ad espandere all'Arabia Saudita la condivisione del SIGINT, un progetto congiunto tra Stati Uniti e Gran Bretagna per aggirare la privacy e i sistemi di sicurezza informatica. Anche questo protocollo, prima delle rivelazioni di Snowden, era catalogato“top secret” e successivamente pubblicato dal Guardian il 5 settembre del 2013.
Ad ogni modo la CIA e il Al Mukhabarat Al A'amah(Direzione Generale per le Indagini, l'equivalente dell'FBI) avevano già collaborato in precedenza con l'obiettivo di rafforzare la sicurezza interna e monitorare le attività terroristiche nella Penisola Araba.
Durante gli ultimi 12 mesi risulta che l'Arabia abbia intensificato la repressione nei confronti di attivisti e dissidenti al governo: recentemente l'avvocato Waleed Abu al-Khair, impegnato per i diritti umani è stato condannato a 15 anni di reclusione con l'accusa di aver “minato” lo Stato e avere insultato la magistratura; Nel mese di maggio, un blogger liberale, Raif Badawi, è stato condannato a 10 anni di carcere e 1000 frustate; nel mese di giugno, un attivista per i diritti umani, Mukhlif Shammari, è stato condannato a cinque anni di carcere per aver scritto sul maltrattamento delle donne saudite. Ognuno faccia le proprie considerazioni

Virus Ebola: "bufala" su Facebook prontamente bloccata dalla Polizia Postale

ebola

Il caso Ebola ha messo in allarme l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma c’è chi si è divertito a mettere in giro una “bufala” pericolosa

Alcuni giorni fa circolava su Facebook una notizia che è diventata immediatamente virale (è proprio il caso di dirlo): 3 casi di virus Ebola registrati sull’isola di LampedusaPer dare maggiore credibilità alla “bufala l’autore l’aveva accompagnata con una foto che mostrava un volto sfigurato dalle piaghe aggiungendo queste parole:  “I medici temono per un’epidemia globale”

venerdì 8 agosto 2014

Obama annuncia raid aerei contro l'Isis

Obama

L’America torna in Iraq contro l’Isis, ma questa volta solo con raid aerei e lancio di aiuti umanitari, lo ha dichiarato Obama durante una diretta televisiva

Il presidente americano Barack Obama, durante una diretta televisiva, ha dichiarato il via libera a raid aerei contro i militanti dell’Isis in Iraq. Contestualmente ha anche dichiarato che l’aviazione effettuerà dei lanci di aiuti umanitari in favore della popolazione in fuga dai jiahidisti.
“La decisione -ha voluto sottolineare Obama- è stata presa per colpire i terroristi islamici, proteggere il personale americano in Iraq ed evitare un potenziale genocidio.http://www.generazioneweb.net/obama-annuncia-raid-aerei-contro-lisis/

mercoledì 6 agosto 2014

Come ti invito a cena per divorarti meglio: la politica di Obama per l'Africa

In questi giorni, Obama e consorte, hanno invitato a cena alcuni ospiti africani. Dietro la scusa di favorire nuovi investimenti c'è il progetto di mettere le mani sulle risorse del Continente Nero

summit_USA-Africa
“Ti invito a cena per divorarti meglio” sembra essere questa la nuova politica verso l'Africa del presidente Obama. A conclusione del summit USA-Africa che si è tenuto a Washington in questi giorni, i 50 membri della delegazione africana sono stati invitati a cena dal presidente e dalla sua consorte, Michelle. Piatti della tradizione americana “rivisitati con un tocco africano”, così titolano alcuni giornali. L'incontro si è concluso con l'impegno degli Stati Uniti di stanziare 14 miliardi di dollari, attraverso decine di colossi imprenditoriali che investirebbero nel Continente Nero nei settori dell'edilizia, delle tecnologie, dei servizi bancari e dell'energia eco-sostenibile.
Una vera e propria nemesi storica potrebbe sembrare ad una prima occhiata: il primo presidente di colore degli Stati Uniti tende la generosa mano ai fratelli dall'altra parte dell'oceano ma, come affermato dallo stesso Obama al termine del summit: “Un incontro voluto per approfondire il coinvolgimento degli Stati Uniti nell'Africa, alimentando una crescita che sosterrà la prosperità africana e il business degli USA nei mercati emergenti”.
E già, secondo i dati dell'FMI (FoodMarketing Institute, da non confondersi col Fondo Monetario Internazionale), l'Africa è il continente col tasso di crescita più alto al mondo (per il 2015 è previsto un incremento del 5,8% in più rispetto l'anno corrente).
Le intenzioni della politica estera di investimenti americana è dunque evidente: mettere le mani su un continente ricco di risorse facendo passare questo ennesimo tentativo di cannibalizzazione come un gesto dalle finalità umanitarie: le grandi imprese avranno a loro disposizione nuove aree di sfruttamento, una manodopera a costi irrisori ed il pretesto di creare nuovi insediamenti militari giustificati dalla scusa di difendere e proteggere gli stessi investimenti.
Attualmente il maggior interlocutore commerciale con il Continente Africano è la Cina e, guarda caso, dopo l'inizio della crisi ucraina e l'annessione della Crimea che hanno visto l'imposizione di sanzioni nei confronti della Russia, Cina e Russia, appunto, hanno rafforzato i loro accordi sul piano economico: accaparrarsi l'Africa, a questo punto, significherebbe per l'America, in qualche modo riequilibrare gli assetti geo-economici del pianeta.
Dopo i primi anni di colonialismo,l'America ha fondato la sua ricchezza sul disumano strumento dello schiavismo deportando dall'Africa migliaia di esseri umani, ora punta anche alle sue ricchezze.
Se Obama volesse davvero aiutare i suoi fratelli di colore dovrebbe ricordare un antico proverbio: “Se un uomo ha fame, non dargli un pesce, ma insegnagli a pescare. Solo così non lo avrai sfamato per un giorno, ma per sempre”
Del resto è ben chiara l'allegoria dell'invito a cena: “Piatti della tradizione americana rivisitati con un tocco africano”, si, giusto un “tocco

Hold Security: hacker russi rubano oltre un miliardo di dati da siti internet

hacker

Il più grande furto di dati della storia di internet: una banda di hacker russi ruba oltre un miliardo password ed user name dalla rete, lo riferisce Hold Security

http://www.generazioneweb.net/hold-security-hacker-russi-rubano-oltre-un-miliardo-di-dati-da-siti-internet/
Un miliardo e duecento mila dati sottratti è questo il ricco bottino messo a segno da un gruppo di hacker russi. A rivelarlo è la Hold Secutity, una società di Milwakee che si occupa di sicurezza informatica. I siti colpiti dall’attacco informatico sarebbero 420 mila in tutto il mondo, non solo quelli di grandi dimensioni, ma anche quelli più piccoli.
Nell’ottobre del 2009 la Hold Security rilevò un attacco ad Adobequando furono coinvolte circa 38 milioni di utenti della rete, ma in questo caso si può parlare della più grande operazione di pirateria informatica di tutta la storia di internet.

lunedì 4 agosto 2014

Quanto inquina una guerra? Dati impressionanti

F-15_Strike_Eagle

Quando si parla di conflitti spesso si considera, e a ragione, il numero delle vite umane che vengono sacrificate, ma dal punto di vista ambientale, quanto inquina una guerra?

Fare un calcolo preciso sull'impatto che una guerra ha, in termini di inquinamento, è praticamente impossibile, troppe sono le variabili in gioco: spostamenti di personale da una base ad un'altra, esercitazioni con mezzi militari distribuite nel tempo, consumi elettrici, idrici e per il riscaldamento delle strutture di supporto come centrali operative, basi radar eccetera. Inoltre, data la segretezza di alcune innovazioni tecniche nel campo della tecnologia bellica e dei nuovi strumenti di cui si dotano gli eserciti calcolare quanto inquina una guerra riferendosi ai conflitti in corso attualmente rende la cosa ancora più difficoltosa.
Ma prendendo come paragone un conflitto del medio periodo come la Guerra del Golfo una certa idea ce la possiamo fare ed i dati sono davvero impressionanti.
Stabiliamo innanzitutto dei parametri oggettivi per fare alcune comparazioni esplicative: dalla combustione di 1 litro di benzina si producono 2,38 grammi di Co2 (anidride carbonica) mentre per un litro di gasolio la percentuale di Co2 è di 2,65 grammi, facendo una media approssimativa prendiamo come unità di misura 2,5 grammi di anidride carbonica per ogni litro di carburante utilizzato (dati Quattroruote 15/01/2010)

Facciamo un po' di calcoli


Un aereo Falcon F16 o un caccia F-15 Strike Eagle consumano la bellezza di 16.200 litri di carburante per ogni ora di volo, un elicottero d'assalto Apache AH64 500 litri e un carro armato Abrams M11 percorre 1 chilometro con 4,5 litri (450 per 100 Km)
Considerando che durante la Guerra del Golfo il totale delle ore di volo dei caccia fu complessivamente di 6.900 otteniamo che solo dai consumi di questi velivoli sono stati prodotti 3.888.000 Kg di Co2 durante i 38 giorni dell'operazione Desert Storm.
Il resto dei calcoli sarebbe solo un puro esercizio matematico, ma se a questa cifra puramente indicativa aggiungiamo le emissioni prodotte dai mezzi dell'esercito irakeno, delle unità navali impegnate nel conflitto dei mezzi terrestri utilizzati per la logistica e per gli spostamenti, i roghi dei pozzi petroliferi incendiati dalle truppe di Saddam nonché i voli intercontinentali per il trasporto di uomini e mezzi vediamo che i costi dell'inquinamento di una guerra sono davvero impressionanti

Danni che perdurano nel tempo


In termini di inquinamento i danni non vanno considerati solo per la durata della guerra stessa: se calcoliamo che alla data del conflitto irakeno la produzione pro-capite di un italiano era di 9.800 Kg di Co2 all'anno per il consumo energetico se ne deduce che per ogni giorno di guerra si immette l'equivalente delle emissioni di 11.500 persone, una cittadina di discrete proporzioni.
Gli effetti di questo inquinamento bellico perdurano nel tempo: effetto serra, danni all'agricoltura, agli animali e agli esseri umani. Ci sarebbe da riflettere, ma soprattutto dovrebbero riflettere i vari governanti del pianeta


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