sabato 29 marzo 2014

La rapida ascesa del giovane Renzi, l'accordo con Berlusconi e l'ombra della massoneria

L'accordo Renzi-Berlusconi ricalca il Piano di Rinascita Democratica della P2 di Licio Gelli

Renzi-Berlusconi
C'è la massoneria dietro il neo premier Matteo Renzi? Secondo Rino Formica l'accordo Renzi-Berlusconi ricalca il Piano di Rinascita Democratica, una delle parti essenziali del programma della P2. Tale Piano si proponeva di assorbire gli apparati democratici della società italiana all'interno di un “autoritarismo legale” gestito attraverso i canali di informazione. Alcuni elementi dell'ardita affermazione di Formica (più volte ministro socialista ai tempi di Craxi) combaciano con fatti inquietanti: tanto per cominciare va ricordato che la rapida carriera del giovane rottamatore, non è solo frutto di una buona capacità politica e di comunicazione, il padre di Renzi, Tiziano, ex consigliere comunale della Margherita, è considerato, nel Valdarno “Gran signore della massoneria in Toscana” e la sua lunga permanenza all'interno della stessa è confermata da Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia.
Per quanto riguarda Berlusconi (tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, data di affiliazione 26 gennaio 1978) è lo stesso Gelli a darne conferma in un'intervista (vedi video) in cui racconta della cerimonia di investitura del Cavaliere, o meglio ex Cavaliere, in un lussuoso appartamento in via Condotti a Roma.
Ma cosa accomuna l'accordo Renzi-Berlusconi al Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli? I punti in comune sono: il presidenzialismo, il controllo dei mezzi di informazione, la riforma della magistratura, la riduzione dei parlamentari, l'abolizione delle provincie e un sistema bi-partitico.
Se a tutto questo aggiungiamo che la ministra per le Riforme del governo Renzi, Maria Elena Boschi è sospettata di legami, come il padre, Pier Luigi Boschi, alla massoneria, tesi supportata dai suoi frequenti incontri con Denis Verdini, Gran Visir di Berlusconi e anello di collegamento con la massoneria toscana, per discutere della legge elettorale le conclusioni sono piuttosto inquietanti... ma ognuno è libero di pensarla come ritiene meglio

venerdì 28 marzo 2014

Il Grande Fratello tra Orwell, la Marcuzzi, Snowden e i social network

Dal profetico romanzo di Orwell al grottesco spettacolo della Marcuzzi il Grande Fratello domina nei social network

Grande_fratello
Il Grande Fratello nasce nel 1984 dalla profetica penna di George Orwell che immagina un'entità (non si sa se sia una persona reale o un simbolo) e finisce nella patetica trasmissione di Alessia Marcuzzi dove i partecipanti si sottopongono al severo sguardo di una telecamera onnipresente per soddisfare la morbosità voyeuristica degli spettatori, proprio come dei criceti in gabbia sotto l'esame attento di un ricercatore. L'unica differenza? I criceti non lo fanno spontaneamente.
Eppure non è molto che Edward Snowden ha smascherato i torbidi giochi dell'NSA usati per tenerci sotto stretta sorveglianza, Weeky Leaks è stato completamente rimosso dalle cronache e i satelliti ci spiano anche quando facciamo sesso.
Chissà che cosa avrebbe scritto Orwell se avesse conosciuto i social network? Chissà cosa avrebbe pensato se avesse visto il Grande Fratello come rappresentazione televisiva della più bassa manifestazione umana condotta e diretta da un personaggio come la Marcuzzi?
Eppure, consapevolmente o inconsapevolmente siamo tutti (o quasi) complici e responsabili di questa gigantesca opera di monitoraggio globale, noi stessi siamo artefici e costruttori del Grande Fratello. Chi non possiede almeno un profilo su qualche social network? Facebook, Twitter, col quale oramai i politici ci anticipano le prossime decisioni, Linkedin per diffondere i nostri profili professionali o Google che tiene costantemente sotto controllo i nostri dati di navigazione, orienta le nostre tendenze, gestisce l'informazione? La nostra vita è costantemente sotto stretta sorveglianza, ripresa da 1000 telecamere durante il corso dell'intera giornata. Orwell forse pensava di scrivere un romanzo, la sorridente Marcuzzi conduce un programma di cui forse non conosce la trama, ma una cosa è sicura: anche se nasciamo figli unici abbiamo sempre un Grande Fratello

giovedì 27 marzo 2014

Critica dell'esame di coscienza, una maniera subdola per auto-assolversi

Molti, prima di prende sonno, hanno l'abitudine di fare l'esame di coscienza, ma cercano solo l'assoluzione per se stessi.

Esame_di_coscienza
Mi attirerò molte critiche con questo post e in fondo me lo auguro, del resto nasce come spunto di confronto, non di polemica. Voglio parlare dell'esame di coscienza, chi, almeno una volta nella vita, non si è sentito obbligato a farlo? Io stesso tante volte, quando ho sentito di aver fatto qualcosa che usciva dal canale delle regole, mi sono soffermato sui motivi di quella decisione ponendomi 1000 domande sulle ragioni di uno sbaglio, scavando con le unghie nel profondo di me stesso, quasi a farmi male. Cosa ne ho tratto fuori dopo tanto crudele lavoro? Mi sono dato delle spiegazioni, mi “sono capito” e, in fondo, alla fine mi sono auto assolto con la semplice promessa di stare più attento in un domani e ho chiuso gli occhi con la coscienza tranquilla.

Eppure, nel corso della vita, mi sono accorto di essere lo stesso ricaduto inevitabilmente negli stessi errori e allora mi sono domandato: a cosa era servito quell'esame di coscienza? La risposta è al tempo stesso banale e umanamente drammatica: ho esaminato sì la mia coscienza, ma nei panni dell'avvocato difensore, non ho cercato i miei difetti bensì le motivazioni che mi hanno spinto ad un comportamento che in fondo è insito nella mia natura esclusiva di individuo.

Ma la critica, se porta solo a distruggere qualcosa, è sterile e distruttiva, la critica deve suggerire alternative, sostituire un concetto diventato vecchio e inutile con uno nuovo e allora ho smesso di fare esami di coscienza prima di andare a letto, è solo un'abitudine come lavarsi i denti per togliere le impurità del cibo, i denti restano come resta la coscienza allora do una rapida occhiata alla giornata trascorsa, considero il presente e mi addormento sereno pensando a cosa potrò fare domani per quello che sono.

mercoledì 26 marzo 2014

Mi sposerò su Facebook con un Avatar e i miei bambini li creerò con photoshop

La realtà (virtuale) supera la fantasia: Facebook ci renderà immortali in cambio delle nostre vite

Realtà_virtuale
C'era da aspettarselo, Facebook con la modica cifra di 2 miliardi di dollari si è accaparrato Oculus VR una startup già vincitrice del premio per l'innovazione al Consumer Electronics Show di Las Vegas. Bene, ma che significa? Poco per adesso, visto che per ora la piattaforma acquistata da Mark Zuckerberg ha trovato applicazione solo per qualche video gioco, molto se si pensa alle possibilità che potrebbe offrire in un prossimo futuro. Oculus VR infatti è un visore in grado di rendere più completa e realistica la realtà virtuale dando a chi l'indossa la sensazione di essere proiettato all'interno di un mondo tridimensionale.

Le potenzialità sono impressionanti e sotto certi aspetti addirittura inquietanti: se il progetto di Facebook infatti, dovesse realizzarsi come pensato dai suoi ideatori, la nostra esperienza “social” andrebbe bel al di là di uno scambio tramite chat, invio di foto e video o scambio di “mi piace”, sarebbe un'esperienza tridimensionale dove i nostri avatar potrebbero interagire quasi “fisicamente” con altri, potremmo esplorare le case dei nostri amici come se ci fossimo dentro, acquistare nei negozi online come se fossero veri, visitare luoghi e musei senza uscire da casa. In altre parole avremmo una realtà virtuale reale, anche se sembra una contraddizione in termini.

Ma cosa cambierà tutto questo nelle nostre relazioni sociali? Innanzitutto aumenterebbe il divario tra quel mondo sempre più immerso nella tecnologia digitale e quello che stenta persino a procurarsi l'acqua potabile per sopravvivere, traccerebbe un solco difficilmente valicabile per chi non disponesse di queste tecnologie, un po' come mettere a confronto un astronauta con un uomo delle caverne, in secondo luogo ci toglierebbe quella “interazione fisica” che sta alla base dei rapporti umani: non potremo provare orgasmi fisici, non potremo prenderci a schiaffi e non potremo invecchiare. E' una prospettiva spaventosa: mi sposerò su Facebook con un Avatar e i miei bambini li creerò con photoshop!

sabato 22 marzo 2014

Gli uomini, i soldati e la necessità di disobbedire agli ordini

Essere uomo o essere soldato? A volte disobbedire agli ordini è un esigenza di libertà

Uomini_e_soldati
 Sia ben chiara una cosa come premessa: non considero male tutti coloro che indossano una divisa, pure i postini ce l'hanno e se si vuole anche io quando vesto la tuta da ebanista e pure i preti, il problema è chi c'è sotto quei panni: uomini o soldati? Nella storia e nella vita ci sono stati uomini che hanno fatto grande l'umanità perché guidati da uno spirito di scoperta e di ribellione alle consuetudini (ribellione non sempre ha un'accezione negativa!), uomini che hanno scelto di disobbedire agli ordini, uomini che hanno fatto del loro individualismo una bandiera, ma mai sacra perché consapevoli che ogni scoperta genera cambiamenti, uomini che si sono messi in gioco.
Da contro, però ci sono uomini che hanno paura, paura dell'ignoto, paura del pensiero. Questi uomini non sono cresciuti se non nei muscoli, perché hanno semplicemente sostituito la mamma con il superiore e il superiore con l'appartenenza a ideali di lotta e di battaglia, proprio come quando noi eravamo bambini e giocavamo alla guerra con le pistole giocattolo. Ora non fanno più 'boom' solo con bocca, uccidono davvero bambini veri
La loro scusa è che eseguono un ordine e, si sa, gli ordini non si discutono. Quando tornano ai loro accampamenti cantando inni marziali hanno lasciato la loro coscienza sui campi di battaglia e l'umanità più povera. Tutti insieme nella stessa camerata a respirare la stessa puzza di sangue, di piedi e di sudore pensano con orgoglio a quando mostreranno i loro trofei e le loro imprese quando torneranno a casa, sempre se torneranno a casa. Da qualche parte in soffitta ho una scatola di scarpe dove conservo i soldatini della mia fanciullezza, li conservo tutti insieme perché hanno paura del buio, ma ora sono diventato uomo e ho imparato che la vera forza sta nel proprio cuore e nella propria umanità e chi ha deciso, per mestiere, di uccidere e obbedire, per favore, non mi parli di orgoglio, quello è una cosa da grandi!

venerdì 21 marzo 2014

Politica e religione: convinzione, fede o semplice fanatismo?

Qual'è la linea che separa la politica dalla religione? Convinzione e fede accomunate dal fanatismo?

Politica_e_religione
I più grandi aggregatori sociali di sempre sono stati la politica e la religione, la prima basata sulla convinzione individuale, la seconda sulla fede. La politica nasce dall'esigenza di dare un organizzazione razionale alle faccende umane, genera leggi, norme, compromessi, il tutto in continua evoluzione: uno stato sociale può essere sempre perfettibile e così nascono nuove teorie che danno origine a dottrine soggette ad esaurirsi nel tempo di pari passo con l'evoluzione che esse stesse generano. Altro è la religione che basa i suoi precetti su dogmi indiscutibili e immutabili, senza la fede essa non avrebbe modo di esistere.

Apparentemente, quindi, politica e religione sono due modi opposti per approcciarsi al vivere comune, uno strettamente razionale e soggetto a cambiamenti e l'altro immutabile, indimostrabile e quindi non confutabile, non esistono vie di mezzo: la fede o si ha o non la si ha. Chiarissimo... apparentemente, perché non è esattamente così: molto spesso politica e religione, convinzione e fede sono accomunate da un intollerabile fanatismo. Pensiamo alle guerre combattute in nome della fede, ora condanniamo l'estremismo islamico, ma dimentichiamo la nostra guerra santa e vediamo come ancora politica e religione convivono sotto ideali comuni: imporre una fede nel nome di una convinzione politica, ne sanno qualcosa israeliani e palestinesi.

Forse che noi ne siamo immuni? Anche no visto che molti partiti dell'area cosiddetta occidentale si ispirano dichiaratamente a ideali cattolici o cristiani, persino protestanti. Anche no visto che movimenti di massa come Forza Italia e il Movimento 5 Stelle si basano più che su convinzioni discusse, sulla figura di un leader. Berlusconi, indagato e processato, interdetto dai pubblici uffici resta saldamente alla testa del partito e pensa di continuare la propria dinastia facendosi sostituire da un parente; Grillo che opera epurazioni al movimento infastidito dalla dissidenza. Non mi si venga a dire che bisogna provare, che la democrazia è in mano nostra, nelle nostre scelte. Fintanto che politica e religione, convinzione e fede saranno unite da tanto fanatismo, io mi terrò da parte per non sentirmi complice.

giovedì 20 marzo 2014

Cronaca, notizie e freddo interiore. Breve confessione di un disagio

Scrivere di cronaca e mantenere un tono distaccato, ricercare notizie e convivere con un disagio

Cronaca_e_freddo_interiore

Una cosa è leggere o ascoltare una notizia, ce ne sono molte e spesso ne prendiamo solo atto, altra cosa è invece scriverle, ricercare le fonti, approfondirle. Mi occupo di attualità, lungo il sottile confine con la cronaca, il mio compito è comunicare, fare sapere, informare e spesso mi imbatto in storie che non vorrei conoscere e che invece devo eviscerare per poterle mettere in rete e finisce inevitabilmente che ne faccia parte. Si, anche se si cerca l'obiettività non si può fare a meno di soffermarsi sui personaggi di cui si scrive: si entra nelle loro vite, si conoscono i retroscena, i drammi che vivono o hanno vissuto e si capisce con occhi diversi, forse con un pizzico di empatia che non dovrebbe influenzarti, ma lo fa. Le vittime dei naufragi non sono numeri da raccontare, sono vite strappate all'esistenza, sono nelle lacrime di chi è sopravvissuto. Notti fa una giovane donna è stata uccisa dall'ex fidanzato, ho scritto un pezzo, ma non riuscivo a fare a meno di raffigurarmi i due protagonisti: lo stupore di quella ragazza che ha aperto la porta senza sapere che dietro di essa c'era una morte irreale; quel giovane assassino che dopo averla vista morire si è puntato la pistola alla testa. Che cosa è passato per le menti di questi due protagonisti di una recita folle? Paura? Angoscia? Confusione? O solo la voglia che nulla fosse successo, che quella situazione fosse solo irreale? Non lo so, so solo che quando scrivo di quelle vite spezzate qualcosa di loro mi rimane dentro e provo un certo disagio nel constatare che quella cronaca ha un prezzo in denaro

mercoledì 19 marzo 2014

Lettera di un anarchico a Papa Francesco

Alle volte cose simili si esprimono in modo diverso ecco perché un anarchico scrive a Papa Francesco

Lettera_di_un_anarchico
Ciao Francesco,
forse questa lettera ti sembrerà inusuale, o forse no, ma è da molto tempo che la tenevo dentro ed è arrivato il momento di scriverti, magari non la leggerai mai, una fra tante, ma in tutta coscienza il semplice fatto di essermi deciso mi fa stare bene.
Innanzitutto mi presento: mi chiamo Francesco anche io e sono un giovane di 53 anni, mi piace vivere, mi piace scrivere e mi piace la gente e... sono un anarchico, ateo, iconoclasta e anticlericale.
Date queste premesse ti sarà evidente il fatto che queste poche righe sono assolutamente prive di interesse, non voglio intercessioni né benedizioni, tutt'altro: voglio solo testimoniarti la grande stima di una persona che non la pensa come te. Secondo me non è importante cosa si dice, il mondo è pieno di inutili chiacchiere e vane promesse, importante è quello che si fa nel quotidiano e ammiro molto il tuo esempio. Ho avuto un passato burrascoso, mi sono formato le mie idee e ho sempre preteso di pagare in prima persona per gli sbagli che ho commesso, ne sono uscito sempre a testa alta e questo mi ha insegnato che si impara più da un avversario leale che da un falso amico e devo ammettere che in questo anno di pontificato hai espresso concetti molto interessanti, direi alle volte rivoluzionari. Non posso fare altro che ammirarti, tutto sommato, io nel mio piccolo di uomo qualunque e tu sul trono di Pietro, anche se in maniera diversa, desideriamo cose simili: la pace e la concordia. Certo sarebbe davvero piacevole scambiare due parole con te, ma mi accontento solo di farti sapere che il tuo agire ha raccolto l'attenzione di un ateo che ascolta con rispetto e che (non ci ridere!) alle volte ha preso le tue difese andando contro corrente, ma ti assicuro che non sono il solo.
Non rappresenti i miei ideali, ma rappresenti quello che intendo per umanità e ti rinnovo la mia stima. Prenditi cura di te.
Con amichevole affetto Francesco

martedì 18 marzo 2014

L'Europa Unita e la secessione veneta mentre Renzi parla di Rinascimento italiano

Renzi parla di Rinascimento economico, l'Europa Unita cerca la coesione e il Veneto la secessione

Rinascimento_economico
La crisi ucraina ha messo in evidenza la poca consistenza dell'Europa Unita la cui voce nel contesto diplomatico conta quanto un due di picche, intanto Renzi, nell'incontro con la Merkel, parla niente po' po' di meno che di Rinascimento economico europeo e la Lega, in appena due giorni, ha raccolto 700.000 firme per rivendicare la secessione del Veneto. Se a tutto questo aggiungiamo anche le recenti restrizioni fatte dalla Svizzera in termini di immigrazione e la recrudescenza dei conflitti culturali e religiosi il quadro complessivo, se non grottesco, è quanto meno confuso.

L'Europa Unita, in sostanza, cosa dovrebbe essere?

Il concetto di Europa Unita per ora sembra avere come unica realtà comune l'introduzione dell'euro, peraltro contestato e messo in dubbio da alcuni Stati dell'Unione, intorno al quale si è costruito un sistema di controllo e di gestione prettamente economico, allora perchè l'Europa non riesce a far sentire in maniera decisiva la sua voce all'interno di una questione internazionale come la crisi ucraina? Semplice: non è nelle condizioni di far valere la propria posizione a livello militare e si trova schiacciata tra due colossi come l'America e la Russia, al massimo può minacciare qualche sanzione economica, ma l'impero sovietico è uno dei principali fornitori di gas del Vecchio Continente e questo lascia spazio a dubbi sull'efficacia di tali minacce, ma intanto

il giovane Renzi parla di Rinascimento economico

Dopo le promesse, tutte da verificare, sul piano di risanamento nazionale proposto dal neo presidente del consiglio, a tratti tacciato di propaganda populista, ora Renzi dichiara che stiamo andando incontro addirittura ad un Rinascimento economico dell'Europa. Ma su cosa si basano queste affermazioni? Forse perché il PIL italiano è salito dello 0,1%? Forse sul fatto che tra qualche mese i lavoratori con stipendi fino a 1.500 euro se ne troveranno 85 in più in busta paga? Oppure che si mettono all'asta le auto blu? La cosa lascia perplessi se a fronte di queste promesse esistono realtà ben più gravi come l'altissimo tasso di disoccupazione, il precariato e le casse integrazioni. Promettere 85 euro in più suona solo come un invito a pizza e birra, ma non risana certo i problemi del Paese. Ma in questo già confuso panorama di boutade si fa strada una realtà più preoccupante:

il Veneto in soli due giorni ha raccolto 700.000 firme per richiedere la secessione

L'Italia, per antica tradizione, ospita già due Stati autonomi: il Vaticano e la Repubblica di San Marino. Ora, secondo le richieste della Lega, dovrebbe lasciare spazio alla nuova Repubblica di Venezia con un salto indietro di secoli che ha dell'incredibile. Cosa significa? Le acque del Tirreno settentrionale diventerebbero territoriali? Dovremo richiedere un visto di soggiorno per visitare la “città più bella del mondo”? Questo ritorno alle Repubbliche Marinare potrebbe spingere altre regioni a fare altrettanto e allora perché no? Ristabiliamo i confini del Sacro Romano Impero.
L'Unione Europea e il Rinascimento renziano altro non sono che belle parole se il Veneto riuscirà nel suo proposito di secessione e forse, ancora una volta, dopo qualche mugugno durante la pausa pranzo, lasceremo che le cose vadano così

lunedì 17 marzo 2014

Tendenze e mode: seguirle, ignorarle o andare controcorrente? L'influenza dei social

Social, mode e tendenze sembrano sempre più collegate tra loro. Perché andare controcorrente?

Tendenze_e_mode
Per motivi di lavoro ho quotidianamente a che fare con Internet e con i social network, mi occupo di informazione e scambi in rete quindi ho la possibilità di tenere sotto controllo (chiunque può farlo) quali sono le principali tendenze che quotidianamente spiccano nel web, tendenze che alla fine diventano vere e proprie mode, si pensi ai selfie, per esempio, e al largo successo che hanno contribuito a dare ad un'applicazione come Instagram. Questo solo per citare un caso, ma se consideriamo che un brano musicale o anche un video amatoriale postato su youtube, possono raggiungere in maniera virale milioni di utenti in poco tempo, ci rendiamo conto dell'enorme potenziale di questi strumenti.

Come ho accennato mi occupo di informazione online e per questioni pratiche, molto, anzi quasi tutto il lavoro redazionale, avviene tramite i gruppi di Facebook mentre i criteri più diffusi per la ricerca di informazione in rete sono di tipo più specifico: Google Trend, per citare il più famoso. Tramite esso è possibile sapere cosa fa maggiormente tendenza nel pubblico in un dato luogo e in un dato lasso di tempo in modo da soddisfare al meglio le ricerche degli internauti. Dal punto di vista economico questa si rivela un'ottima strategia: sai che se un certo argomento ha un picco nelle ricerche in rete le tue possibilità di essere letto aumentano sensibilmente. In altre parole seguo la tendenza e contribuisco al successo di una moda.

Scrivere per un pubblico porta anche a leggere molto, ogni giorno scorro centinaia di siti, alle volte, partendo da “patate” arrivo ad articoli che parlano di energie alternative e mi trovo così a leggere di cose che vanno assolutamente al di fuori di quelle che sono le tendenze, sono quelle informazioni controcorrente che attirano di più la mia attenzione, alcune di queste, quelle che si riveleranno veramente innovative, faranno la moda del prossimo futuro

Ma scrivere, leggere, documentarsi servono a poco se non suggeriscono delle riflessioni, sarebbero esecuzioni automatiche finalizzate ad un lavoro e così mi concedo anche il tempo per pensare e mi pare evidente una cosa: tutto ciò di cui disponiamo ora, dalla tecnologia ultra-sofisticata ai nuovi progressi della medicina, dagli elettrodomestici intelligenti all'abbigliamento tecnico, nascono dalle intuizioni di coloro che, a dispetto delle mode, hanno nuotato controcorrente, quelli che hanno inventato le mode. Soffermarsi ogni tanto su queste considerazioni mi aiuta a percepire meglio i miei tempi, non so voi

domenica 16 marzo 2014

Il pericolo della coerenza ovvero il rischio di costruirsi una trappola

Non sempre la coerenza è sinonimo di affidabilità, alle volte può generare il fanatismo

Coerenza
Senza dubbio alcuno essere considerati coerenti è un tratto distintivo positivo per un individuo, una persona coerente è considerata affidabile, si può essere certi che manterrà fede agli impegni e alla parola data, è destinata a fare carriera tanto nel lavoro (qualunque esso sia) quanto nella vita, ma proviamo a guardare la cosa sotto un'altra angolazione: il concetto di coerenza è assoluto? Quando una persona ha diritto a fare un passo indietro?

Vediamo alcuni esempi: Paolo (o Saulo) di Tarso. Ebreo ellenizzato era avverso alla chiesa cristiana. Un giorno, percorrendo la strada che da Gerusalemme portava a Damasco per organizzare una repressione a danno dei cristiani fu avvolto da una luce e udì una voce: “Saulo, perché mi perseguiti?” Confuso dall'avvenimento vagò per tre giorni nella città siriana. Fu Anania, capo di una piccola comunità cristiana che, per ironia della sorte, lo condusse alla religione. Da quel momento Paolo mise via la spada e dedicò la propria vita alla teologia. Ora lo ricordiamo come San Paolo. Quel gesto che gli cambiò la vita fu forse rinnegare la coerenza con i suoi ideali di guerriero? Oppure in questo caso è più importante considerare la conversione?

“Mi spezzo, ma non mi piego” è una frase dal forte impatto, indica la volontà di mantenere fermamente fede alle proprie convinzioni, la coerenza ai propri principi, ha qualcosa di eroico, ma rifacendosi ad un esempio orientale è il giunco che vince la tempesta, piegandosi e ritornando dritto quando cessa. Chi perde nel confronto è la poderosa quercia che resta mutilata dei suoi rami.

Abbiamo detto che la coerenza è quanto meno un pregio, prendiamo un altro esempio: Hitler. Tutti conoscono il personaggio per la folle dottrina politica che ha portato allo sterminio di milioni di persone: ebrei, omosessuali, rom di varie etnie e senza distinzione di sesso e di età dottrina che ha difeso fino alla morte con estrema coerenza e su questo non v'è dubbio, ma possiamo considerarlo affidabile lo stesso? Oppure quella coerenza era funzionale solo alla follia? Come andrebbe valutata in questo caso se non come delirante fanatismo? Ma sempre di coerenza si tratta.

Di esempi da citare ce ne sarebbero a migliaia, il fatto che appare evidente è come spesso a delle parole, a dei concetti, si attribuiscano valori assoluti senza considerare, con una frase banale, che ogni medaglia ha il suo rovescio il dubbio che rimane è: quale confine segna il limite tra coerenza e fanatismo? Forse, se trovassimo questo limite ci sarebbero meno conflitti. Sarebbe interessante sentire il parere dei lettori

venerdì 7 marzo 2014

Recensione di “Racconti delle Lande percorse Vol 1 Come nasce un cavaliere”

Ho letto “Lande percorse-Come nasce un cavaliere”. Ecco in questa breve recensione il mio parere

Recensione
Recensire un libro non sempre è cosa facile, si rischia di influenzare il lettore attraverso l'interpretazione che si da del racconto, ma mi è capitato per le mani questo testo: Lande percorse, Come nasce un cavaliere, dietro il suggerimento di un amico che me ne ha parlato in maniera entusiasta tanto da invogliarmi ad acquistarlo (tra l'altro ad un prezzo accessibilissimo su questo sito: http://www.amazon.com/Racconti-delle-Lande-Percorse-Vol-ebook/dp/B00I3Y67AM) ed la spesa non mi ha deluso.

In questa modesta recensione di non mi voglio soffermare sulla trama di “Racconti delle Lande percorse Vol 1 Come nasce un cavaliere” per il semplice motivo che, come in un romanzo fanasy che si rispetti, è ricca di colpi di scena che lascio scoprire al lettore appassionato, bensì voglio porre l'attenzione dello stile con cui è scritto e del messaggio che ho letto tra le righe. E' uno spaccato della vita reale visto attraverso gli occhi della fantasia, i personaggi che lo popolano sono quelli che incontriamo ogni giorno per le strade solo che vestono abiti diversi, usano parole arcaiche ed incantesimi, ma cosa sono gli incantesimi se non quelle cose che “strane” che ci capitano tutti i giorni, quelle intuizioni che non sappiamo da dove ci vengano e che pure ci illuminano il nostro “razionale”?

“Racconti delle Lande percorse Vol 1 Come nasce un cavaliere”, scritto da Diego Romeo, è il primo di una saga in puro stile epico dove la cura per la descrizione è molto attenta ed accurata: luoghi, personaggi ed eventi ci staccano dalla realtà pur non facendola dimenticare e danno al romanzo la dote di una piacevolissima lettura per persone di ogni età. Sono convinto che l'autore (maa forse mi sbaglio) lo abbia scritto pensando di raccontare una storia ai propri figli, ma posso assicurare che qualunque genitore ami la lettura proverà un grande piacere nel fare addormentare i suoi bambini con la lettura di questa favola di draghi, avventure e cavalieri.

giovedì 6 marzo 2014

L'8 marzo è la ricorrenza di un massacro, come si può chiamarla festa della donna?

Le origini della festa della donna sono controverse, ma ricordano un rogo dove morirono 146 persone

Rosa_Luxemburg
Secondo alcuni le origini della festa delle donne che ora viene celebrata l'8 marzo risalgono al 1907 quando per la prima volta, durante la VII Conferenza dell'Internazionale Socialista, fu sollevata la questione femminista. L'idea di dedicare una giornata ai diritti delle donne fu di Rosa Luxemburg che convinse il Congresso a votare una risoluzione a favore del suffragio universale delle donne. All'inizio del secolo i socialisti, insieme al movimento operaio, celebrarono la giornata dedicate ai diritti delle donne e al suffragio universale in date molto diverse tra loro, ma la prima di cui si hanno conferme ufficiali è del 28 febbraio del 1909, ma ebbe solo carattere nazionale in quanto si svolse esclusivamente negli Stati Uniti.

Da qui l'idea di alcune delegate socialiste americane di proporre alla II Conferenza Internazionale delle donne, tenutasi nella Folkets Hus (la Casa del Popolo) di Copenaghen una giornata mondiale dedicata ai diritti delle donne. Quindi la prima vera “festa delle donne” a livello internazionale fu celebrata l'11 marzo del 1911 con numerose manifestazioni negli USA, in Germania, in Danimarca, in Austria e in Svizzera. In seguito, l'8 marzo del 1917, le donne di Pietroburgo scesero in piazza a fianco degli operai contro la guerra e la mancanza di scorte alimentari.

In Italia la festa delle donne fu introdotta per la prima volta nel secondo dopo guerra per volontà dell'UDI, Unione Donne Italiane a cui fu associata come simbolo l'ormai tradizionale mimosa (ricordiamo, per inciso, che l'8 marzo del 1972 durante la festa delle donne appunto, la manifestazione di Roma fu repressa dalla polizia con cariche violentissime ritenendo, in quel periodo di buio bigottismo, che i cartelloni a favore della legalizzazione dell'aborto e della liberazione omosessuale fossero un'offesa contro la morale)

Ma l'episodio che più è legato alla festa delle donne ha ben poco di festoso: New York, fabbrica di Triangle, 25 marzo 1911. Uno spaventoso incendio distrusse l'edificio dove persero la vita 146 operaie per lo più italiane e dell'est europeo, una tragedia che che scosse fortemente l'opinione pubblica americana e non solo e che ebbe ripercussioni sulla vita sociale e politica degli Stati Uniti tanto da portare al varo di nuove leggi atte a tutelare la sicurezza del lavoro dietro la forte pressione che esercitò la International Ladie's Garment Workers' Union, uno dei più importanti sindacati americani.

In realtà la festa delle donne nasce da un progetto politico del Movimento Socialista internazionale e non dal rogo di New York, ma da quel momento in poi iniziarono a circolare voci su un altro incendio, di cui per altro non ci sono prove, di una fabbrica di camicie avvenuto l8 marzo del 1908 a New York. Qualunque siano le vere origini di questa ricorrenza chiamarla festa mi sembra eccessivo, dovrebbe essere un momento di riflessione, magari non occasionale, per riflettere come ancora oggi le donne siano vittime di violenze e maltrattamenti

sabato 1 marzo 2014

Giornalismo, giornalisti, strilloni e giornalai: il problema della comunicazione in Italia

Chi fa davvero comunicazione in Italia? I giornalisti, il vero giornalismo o chi vende i giornali?

Giornalisti_e_giornalai
La diffusione delle tecnologie informatiche e il facile accesso ad Internet hanno sicuramente trasformato il concetto di comunicazione, Oggi, chiunque abbia una buona capacità di scrittura può fare giornalismo, basta semplicemente aprirsi un blog o meglio ancora collaborare come giornalista online per una testata e il gioco è fatto. In sostanza la figura del giornalista non esce necessariamente più dalle aule universitarie, non è più obbligata ai 18 mesi di tirocinio presso una testata riconosciuta e non necessita più del famigerato tesserino che lo qualificava come un professionista della comunicazione.

Questa “popolarizzazione” del concetto di giornalismo però ci porta davanti al problema della comunicazione, nel suo aspetto più ampio: se da una parte è vero che Internet ha permesso una maggiore democrazia che permette a tutti di esprimere la propria opinione nell'agorà della rete è anche vero che:
  1. per un lettore riesce difficile orientarsi in una così vasta mole di notizie
  2. che non sempre chi scrive è adeguatamente informato e in alcuni casi in malafede
  3. che molto spesso la notizia fornita non è frutto di ricerche od approfondimenti sul campo, ma piuttosto tende a seguire le tendenze del momento per accontentare il pubblico.


Attualmente chiunque faccia una ricerca in rete utilizza come principale motore di ricerca Google, il più noto e più diffuso a livello globale il quale però agisce quasi in funzione di monopolio: una notizia è importante se risulta indicizzata nelle prime pagine di ricerca e spesso, molti giornalisti che scrivono online, lo prendono come riferimento per sapere cosa cerca il lettore. Ma questo pone un grosso limite alla comunicazione, e a quello che, con una parola grossa, si potrebbe definire il “giornalismo vero”. Sperare in uno scoop, sotto questa logica, è quasi impensabile: a che scopo impegnarsi in settimane o mesi di tempo per sviluppare un indagine che metta in luce certi aspetti della realtà o lanciare una notizia di attualità quando sappiamo che non la leggerà nessuno perchè semplicemente non è indicizzata sui motori di ricerca?

Semplificando e spingendo il concetto al limite del paradosso si potrebbe dire quindi che l'informazione non la fa il giornalista, il giornalismo è affidato invece al giornalaio a colui cioè che è nelle condizioni di diffondere al meglio la notizia, allo strillone in grado di raggiungere il maggior numero di persone da incuriosire. Forse, in questa ottica, è la scelta del lettore che segna il confine tra il giornalista e il giornalaio, la sua volontà di tenersi informato oltre i limiti di ciò che fa solo tendenza.
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