martedì 13 maggio 2014

Boko Haram, Al Qaeda, la Nigeria e i retroscena della politica Occidentale

Il rapimento delle 200 studentesse in Nigeria da parte di Boko Haram è strettamente legato alla sete di energia del mondo occidentale

Boko_Haram
In questi giorni la stampa internazionale ha puntato molto l'attenzione sul gruppo affiliato ad Al Qaeda, Boko Haram, per via del rapimento delle 200 studentesse nigeriane rapite per convertirle all'islamismo e per la strage di almeno 300 civili massacrati nella cittadina di Gamboru Ngala. Molte le voci note che chiedono la loro liberazione da Michelle Obama a Malala e Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno già messo a disposizione le loro migliori forze di intelligence per strappare le ragazze dalle mani dei loro rapitori, un episodio che ha toccato la sensibilità di molti, ma spesso, come in questo caso, le vere ragioni della instabilità politica della Nigeria vengono nascoste o quanto meno taciute dalla stampa. Vediamo di fare un po' di chiarezza.

Cambiamento climatico e disastri ambientali

Uno studio del 2009 del Dipartimento Inglese per lo Sviluppo Internazionale (Dfid) aveva già evidenziato che il cambiamento climatico avrebbe potuto provocare instabilità in Nigeria a causa della scarsità del terreno coltivabile dovuto alla desertificazione, alla carenza di acqua e al fallimento dell'agricoltura nelle aree montagnose di quello Stato. Questa previsione è stata confermata da un più recente studiodell'Istituto USA per la Pace, finanziato dal Congresso americano, che evidenziava un collegamento tra la recrudescenza della violenza e il cambiamento climatico della regione, ecco la conclusione della ricerca: “Risposte insufficienti ai cambiamenti climatici creano penuria di risorse quali terre coltivabili ed acqua. Questi impoverimenti sono seguiti da impatti secondari negativi, più malattie, fame, disoccupazione. Risposte inadeguate a queste problematiche aprono le porte al conflitto” . Il Professor Sabo Bako dell'Università Ahmadu Bello conferma ulteriormente questa analisi. Secondo il suo parere il movimento Boko Haram sarebbe nato da una setta chiamata Maitatsine, nel nord della Nigeria, i cui membri erano principalmente le vittime abbandonate a se stesse dei disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici.

Crisi energetica e petrolifera

Ad aggravare la situazione di instabilità in Nigeria si è aggiunta la crisi energetica in quanto negli ultimi mesi si è registrato un forte abbattimento dei sussidi statali contro il caro benzina che ha provocato un aumento generale della fame e dei disordini nelle città. Uno studio del 2011 di due ricercatori nigeriani metteva in guardia contro l'imminente declino delle riserve petrolifere del Paese. La Shell, nel marzo dell'anno in corso, ha parlato di una riduzione nella produzione di petrolio greggio tra il 15 e il 20% e, sempre nello stesso mese, il Ministero delle Risorse Petrolifere chiese più investimenti nell'esplorazione di nuovi giacimenti: “Le riserve di greggio stanno esaurendosi, la nostra produzione sta anch'essa diminuendo.... Abbiamo bisogno di fare di più a tal proposito per avere più riserve. Abbiamo raggiunto il plateau della produzione nel delta del Niger e stiamo già calando.

La maggior parte dei soldati semplici di Boko Haram non sono fanatici religiosi; sono poveri ragazzi che sono stati fatti ribellare contro loro patria corrotta da un leader carismatico” è quanto affermato da David Francis, uno dei primi reporter occidentali ad occuparsi di Boko Haram. In un quadro così complicato per Al Qaeda non è stato difficile trovare terreno fertile per il reclutamento di nuovi miliziani, il 70% circa della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al giorno e Boko Haram si è rivelato un perfetto trait d'union tra le cellule maghrebine e quelle nigeriane.

Il ruolo ambiguo della politica occidentale

Ma qui arriviamo al punto più interessante di tutta la faccenda: la rapida espansione di Al Qaeda nell'area nord-est dell'Africa, ovvero il movimento Boko Haram,è stata appoggiata e favorita dall'intelligence algerina sotto la tacitaapprovazione di USA, Francia e Regno Unito. Il motivo di questa contraddizione della politica occidentale? Semplice: la solita, inestinguibile sete di energia che in questo caso si chiama shale gas ovvero il gas di scisto, ottenuto tramite il controverso metodo del fracking di cui, secondo il Dipartimento dell'Energia americano, la Nigeria deterrebbe la terza riserva mondiale. Se a tutto questo aggiungiamo la crisi ucraina e la decisione della Russia di chiudere i rubinetti del gas per l'esportazione il quadro diventa chiaro e si capisce come l'America ed altri stati occidentali se da una parte condanno il terrorismo di Al Qaeda dall'altra hanno l'interesse a sostenerlo. Secondo Jeremy Keenan, uno dei maggiori esperti sull'Algeria alla Scuola di Studi Orientali e Africani, l'espansione di AQIM (Al Qaeda in Islamic Maghreb) si è concentrata il regioni ricche di riserve di combustibile come Algeria, Delta del Niger, Nigeria e Ciad, regioni dove Boko Haram ha dichiarato di avere ricevuto il proprio addestramento terrorista. Sempre Keenan riferisce come più di dieci anni fa questi Paesi firmarono un trattato di cooperazione per il contenimento del terrorismo che ha efficacemente unito i due lati ricchi di petrolio del Sahara con un sistema di sicurezza generale la cui architettura è prettamente americana: “Il trattato si evolse in un'iniziativa trans-sahariana di contenimento del terrorismo, che fu poi assorbita dal comando africano dell'esercito USA ( AFRICOM)”. Ma continua dicendo che l'avidità di gas e petrolio dell'Occidente ha condotto i vari governi a chiudere un occhio sul ruolo che Stati ricchi dei preziosi minerali avevano nella promozione del terrorismo regionale. Lo scopo? Legittimare gli sforzi per consolidare un accesso armato dei governi alle risorse energetiche africane. In altre parole: favorire il terrorismo locale per legittimare l'intervento armato e dominare così i territori di interesse. Se questa analisi è corretta ecco che allora le 200 ragazze rapite in Nigeria da Boko Haram non sono solo vittime del fanatismo islamista, ma anche delle politiche estere, economiche e di sicurezza legate alla nostra incontenibile dipendenza dalle fonti energetiche  

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