Dal profetico romanzo di Orwell al grottesco spettacolo della Marcuzzi il Grande Fratello domina nei social network
Il Grande Fratello nasce nel
1984 dalla profetica penna di George Orwell che immagina
un'entità (non si sa se sia una persona reale o un simbolo) e
finisce nella patetica trasmissione di Alessia Marcuzzi dove i
partecipanti si sottopongono al severo sguardo di una telecamera
onnipresente per soddisfare la morbosità voyeuristica degli
spettatori, proprio come dei criceti in gabbia sotto l'esame attento
di un ricercatore. L'unica differenza? I criceti non lo fanno
spontaneamente.
Eppure non è molto che Edward
Snowden ha smascherato i torbidi giochi dell'NSA usati per
tenerci sotto stretta sorveglianza, Weeky Leaks è stato
completamente rimosso dalle cronache e i satelliti ci spiano anche
quando facciamo sesso.
Chissà che cosa avrebbe scritto Orwell
se avesse conosciuto i social network? Chissà cosa avrebbe
pensato se avesse visto il Grande Fratello come
rappresentazione televisiva della più bassa manifestazione umana
condotta e diretta da un personaggio come la Marcuzzi?
Eppure, consapevolmente o
inconsapevolmente siamo tutti (o quasi) complici e responsabili di
questa gigantesca opera di monitoraggio globale, noi stessi siamo
artefici e costruttori del Grande Fratello. Chi non possiede
almeno un profilo su qualche social network? Facebook,
Twitter, col quale oramai i politici ci anticipano le prossime
decisioni, Linkedin per diffondere i nostri profili professionali o
Google che tiene costantemente sotto controllo i nostri dati di
navigazione, orienta le nostre tendenze, gestisce l'informazione? La
nostra vita è costantemente sotto stretta sorveglianza, ripresa da
1000 telecamere durante il corso dell'intera giornata. Orwell
forse pensava di scrivere un romanzo, la sorridente Marcuzzi
conduce un programma di cui forse non conosce la trama, ma una cosa è
sicura: anche se nasciamo figli unici abbiamo sempre un Grande
Fratello
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