Molti, prima di prende sonno, hanno l'abitudine di fare l'esame di coscienza, ma cercano solo l'assoluzione per se stessi.
Mi attirerò molte critiche con questo
post e in fondo me lo auguro, del resto nasce come spunto di
confronto, non di polemica. Voglio parlare dell'esame di
coscienza, chi, almeno una volta nella vita, non si è sentito
obbligato a farlo? Io stesso tante volte, quando ho sentito di aver
fatto qualcosa che usciva dal canale delle regole, mi sono soffermato
sui motivi di quella decisione ponendomi 1000 domande sulle ragioni
di uno sbaglio, scavando con le unghie nel profondo di me stesso,
quasi a farmi male. Cosa ne ho tratto fuori dopo tanto crudele
lavoro? Mi sono dato delle spiegazioni, mi “sono capito” e, in
fondo, alla fine mi sono auto assolto con la semplice promessa di
stare più attento in un domani e ho chiuso gli occhi con la
coscienza tranquilla.
Eppure, nel corso della vita, mi sono
accorto di essere lo stesso ricaduto inevitabilmente negli stessi
errori e allora mi sono domandato: a cosa era servito quell'esame
di coscienza? La risposta è al tempo stesso banale e umanamente
drammatica: ho esaminato sì la mia coscienza, ma nei panni
dell'avvocato difensore, non ho cercato i miei difetti bensì le
motivazioni che mi hanno spinto ad un comportamento che in fondo è
insito nella mia natura esclusiva di individuo.
Ma la critica, se porta solo a
distruggere qualcosa, è sterile e distruttiva, la critica deve
suggerire alternative, sostituire un concetto diventato vecchio e
inutile con uno nuovo e allora ho smesso di fare esami di
coscienza prima di andare a letto, è solo un'abitudine come
lavarsi i denti per togliere le impurità del cibo, i denti restano
come resta la coscienza allora do una rapida occhiata alla
giornata trascorsa, considero il presente e mi addormento sereno
pensando a cosa potrò fare domani per quello che sono.
è verissimo,fare l'esame di coscienza è riduttivo, e poi spesso l'"esito" dipende anche dall'umore,dalle circostanze.....
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