giovedì 4 settembre 2014

La discontinuità della politica estera europea nei confronti della Russia

Se l'Europa pensava, con le sanzioni decise il 30 agosto scorso, di mettere la Russia in imbarazzo ora deve fare i conti con la discontinuità della sua politica estera

Unione_europea
Can che abbaia non morde, sembra pensare Putin di fronte a tutta le serie di lacci e lacciuoli che l'Europa ha messo in atto il 30 agosto scorso nei confronti della Russia, per punirla del presunto coinvolgimento diretto nella crisi ucraina, ma la spaccatura tra gli stati membri della UE sta mettendo in evidenza la discontinuità e la fragilità della politica estera europea.
Da un lato il Primo Ministro britannico David Cameron preme sugli inasprimenti delle sanzioni suggerendo di escludere la Russia dallo SWIFT internazionale (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), dall'altra la Francia che non vuole vedere sfumare gli accordi già sottoscritti con Mosca per la vendita della portaelicotteri Mistral, sostenendo che l'embargo non può essere retroattivo alla data del 1° agosto del 2014 e tra questi due Ungheria, Cipro, Slovacchia e Repubblica Ceca che sostengono “insensate e controproducenti” le nuove sanzioni messe in atto contro Mosca mentre sostengono che il ruolo dell'Unione Europea dovrebbe essere a sostegno di attività diplomatiche più incisive per risolvere la crisi ucraina. L'Italia, che ricopre il primo semestre di presidenza della UE e che ha messo a capo delle politiche estere europee la ministra Federica Mogherini, sembra del tutto balbettante e impreparata anche in virtù del fatto che questo giro di vite nei confronti del Cremlino minaccia di avere pesanti ripercussioni sulla nostra economia nazionale.
“Non ho notato che abbiamo raggiunto qualcosa – ha dichiarato Bohuslav Sobotka, primo ministro ceco- nella UE stanno cominciando a capire che il rafforzamento del confronto tra Mosca e Bruxelles è pieno di perdite reali per ogni europeo, date le forniture energetiche russe".
Ma l'inconsistenza di una solida e credibile politica estera europea si manifesta anche su altri fronti, la crisi irachena per citarne una o le posizioni, o meglio le non posizioni assunte durante il conflitto israelo-palestinese: annunci, proclami di sdegno e riprovazione, ma in realtà nulla di concreto se non l'invio di generi di conforto alle minoranze irachene sotto l'assedio dello Stato Islamico e qualche migliaio di mitragliatricidismesse per armare la resistenza dei combattenti curdi.
Ma si sa: l'Europa altro non è che una “confederazione economica” alle dipendenze degli Stati Uniti e non c'è da meravigliarsi che segua le regole dettate da Washington, ma c'è il rischio che vada ad impelagarsi in un ginepraio da cui sarebbe difficile venire fuori: l'America, nel suo delirio di onnipotenza, sul piano della politica estera sta dimostrando un'incapacità pari a quella europea: dapprima contraria al regime di Bashar Al Assad, ora si vede quasi costretta a siglare degli accordi con la Siria per poter agire militarmente sul suo territorio contro la minaccia jihadista (che prima sosteneva in quanto ribelle al regime siriano) a meno di non intervenire unilateralmente, ma in quel caso non potrebbe più accusare la Russia di ingerenze sulla sovranità nazionale dell'Ucraina, sarebbe sullo stesso piano.
In una situazione di instabilità geopolitica come quello che stiamo affrontando, l'Europa rischia di spaccarsi in due: una parte gli Stati a forti tendenze filo-americane e dall'altra quelli che “simpatizzano” per Mosca. Anche l'assetto geoeconomico ne risentirebbe in maniera drammatica per l'Europa divisa anche su quello che avrebbe dovuto cementarne l'unione politica, l'euro

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