lunedì 28 luglio 2014

NSA un boomerang che mette a rischio la democrazia USA (o quello che ne resta)

Le intercettazioni telefoniche dell'NSA mettono a rischio la libertà di espressione, è la denuncia fatta da giornalisti e avvocati USA

NSA
I recenti eventi internazionali (crisi ucraina, conflitto israelo-palestinese e ora la situazione dellaLibia) hanno posto in secondo piano la questione dell'NSA (Agenziaper la Sicurezza Americana) che a suo tempo fu sollevata dall'ex analista della CIA Edward Snowden, ma ora è una denuncia fatta da alcuni avvocati e giornalisti americani a riportare a galla la faccenda: le intercettazioni telefoniche dell'Agenzia mettono arischio la democrazia.
La denuncia viene dalla Human RightsWatch e dall'American Civil Liberties Union le quali, in un rapporto congiunto basato su un'indagine svolta tra alcuni avvocati e giornalisti che si occupano di sicurezza ed intelligence sono giunte a questa conclusione. Entrambe le categorie interpellate parlano di una forte compromissione del proprio lavoro nell'ambito della protezione che dovrebbe garantire loro la Costituzione.
“Se gli Stati Uniti non riescono ad affrontare queste preoccupazioni con prontezza ed efficacia -dichiara G. Alex Sinha, autore del rapporto- si potrebbero generare gravi danni a lungo termine sul tessuto della democrazia del Paese”
Senza voler entrare nel significato che gli Stati Uniti danno al termine democrazia è evidente, come sottolineato da Barton Gellman del Washinton Post, uno dei 46 giornalisti intervistato per l'indagine che “L'uso di tecnologie digitali rende sempre più difficile mantenere il riserbo e l'anonimato circa l'origine delle fonti”
In sostanza, prima che lo scandalo dell'NSA venisse alla luce, tanto per i giornalisti quanto per gli avvocati era più facile reperire informazioni riservate su argomenti tenuti “sotto segreto” in quanto le fonti si sentivano garantite dall'anonimato e dal segreto professionale dei propri referenti.
Lo conferma anche Jonathan Landay del McClatchy Quotidian, un giornalista che si occupa di sicurezza nazionale dichiarando che alcune delle sue fonti sono sempre più riluttanti a parlare con lui di qualsiasi cosa, persino esprimere opinioni sulla politica estera degli Stati Uniti o su argomenti considerati come “materiale già classificato”
“Un giornalismo insufficientemente informato -si legge nel rapporto dell' Human RightsWatch e dell'American Civil Liberties Union - può minare l'effettiva partecipazione democratica e di governo”
Secondo Dana Priest, anche lei giornalista del Washingon Post, “Ciò che rende migliore il Governo è il nostro lavoro di divulgatori dell'informazione, se questa viene a mancare le Istituzioni funzionano meno bene e aumenta il rischio di corruzione. La segretezza funziona contro tutti noi”
Le perplessità espresse dagli avvocati invece sono relative al fatto che il Governo potrebbe essere a conoscenza anticipata dei loro piani di difesa e quindi inficiarli prima ancora che vengano esposti in aula.
Il maggiore Jason Wright, avvocato dell'esercito che ha fatto parte della squadra di difesa di Khalid Sheikh Mohammed, ha sollevato un altro problema preoccupante: “Temiamo che le nostre comunicazioni con i testimoni all'estero siano monitorate, questo potrebbe mettere in pericolo l'incolumità dei testimoni”
sembra che alla fine, l'ossessione tutta americana di vedere ovunque terroristi, si stia rivolgendo contro i propri cittadine e quindi contro sé stessa, non sembra che si possa parlare di democrazia


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